A giudicare da Twin Strangers, un sito che promette di trovare il nostro “doppione” basandosi su software di riconoscimento facciale, ci sono poco più di 9,5 milioni di sosia nel mondo e perciò, su 10mila persone, undici ne hanno uno da qualche parte. Considerando poi tutti gli umani che hanno calcato la Terra fin dalle origini, stimati in circa cento miliardi di individui, la probabilità che sia esistito qualcuno con la nostra faccia sale ancora. A quanti del resto è capitato di aver visto un ritratto del passato identico a una persona viva e vegeta?
Calcolo delle probabilità. E tenendo conto che, si spera, altri miliardi di esseri umani verranno in futuro, pare sempre più ragionevole che prima o poi saltino fuori due visi identici: se, insomma, pare difficile che ognuno abbia sette sosia in giro come vuole la credenza comune, il calcolo delle probabilità sembra indicare che prima o poi la natura possa ripetersi. Perché in fondo i tratti del viso non sono infiniti e sono governati dai geni: se stimassimo quanti volti umani possano esistere, potremmo conoscere anche la probabilità che ce ne siano due identici.. Il viso è la parte più variabile del corpo. Parecchi ricercatori ci hanno provato, ma a oggi non ci sono certezze. La ricercatrice australiana Teghan Lucas, per esempio, tempo fa aveva tentato di stimare la probabilità che otto misure facciali, come la distanza fra gli occhi o le orecchie, coincidano (tutte) fra persone differenti: sarebbe una su un miliardo di miliardi, il che ridurrebbe drasticamente le chance di avere un sosia. Però il nostro cervello, quando deve riconoscere qualcuno, non misura al millimetro il viso altrui ma lo valuta nei tratti generali: il naso lungo o a patata, il mento sfuggente o pronunciato, il colore degli occhi. Elementi determinati da una manciata relativamente piccola di geni; inoltre le caratteristiche facciali sono altamente ereditabili e questo dovrebbe aiutare a ridurre il numero di visi possibili.
Il volto infatti è la parte più variabile del nostro corpo perché serve a farci riconoscere in mezzo agli altri, ma allo stesso tempo essere identificabili come appartenenti a una famiglia o a un gruppo etnico tramite la somiglianza con parenti o conterranei ha avuto un significato rilevante nell’evoluzione, perché ha aiutato la coesione sociale fin dagli albori della civiltà. Lo sostiene Daniel Crouch, genetista dell’Università di Oxford (Uk), che ha spiegato come siano appena tre le varianti genetiche fondamentali per determinare la forma del profilo e del viso attorno agli occhi.. Simili, ma non troppo. Le parti più spesso tramandate dai genitori ai figli, poi, sarebbero poche e ben precise: la fossetta fra naso e labbra, la zona sotto il labbro inferiore, la punta del naso, l’angolo interno degli occhi, come ha spiegato una ricerca del biostatistico Giovanni Montana del King’s College di Londra. Queste zone si ereditano più di altre, perciò le combinazioni di tratti somatici si riducono e non è così azzardato pensare che si possa condividere, perfino con uno sconosciuto, un aspetto affine.Stando ai genetisti, quindi, più varianti genetiche abbiamo in comune con qualcuno, più i due visi saranno simili, un po’ come accade coi gemelli identici; ci sarebbe però da mettersi d’accordo sulla definizione di sosia, perché riguardando il proprio doppio più da vicino quasi sempre casca l’asino, come ha affermato il genetista britannico Walter Bodmer, secondo cui basta un’analisi più accurata per scoprire che due ipotetici “doppi” non lo sono realmente.. I (non) sosia delle star. Poi ci sono i sosia di personaggi famosi che, però, possono ingannare solo a prima vista: spesso sono il trucco o gli atteggiamenti a creare l'”inganno”. Da cui però emerge come essere uguali (o molto, molto simili) a qualcun altro non sia per forza divertente o curioso, anzi: fin dai tempi del Sosia di Plauto trovarsi davanti il proprio doppio può scatenare crisi d’identità e spersonalizzazione. Come spiega infatti Massimo Di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria: «Il famoso che incontra il suo sosia prova come minimo fastidio; qualcuno si sente perfino minacciato, perché è come se l’altro volesse rubargli la vita e l’identità, diventare sé senza essere stato autorizzato.
D’altro canto, chi estremizza i propri connotati e cerca di diventare il doppio del suo idolo ha un problema di immaturità e mancato percorso di crescita personale: ognuno di noi si sviluppa cercando un’individualità propria, scegliere di vivere con la faccia di un altro significa che non riusciamo a costruire un ruolo per noi stessi, ma che vogliamo “succhiare” caratteristiche da altri perché ci sembrano desiderabili». Insomma, se è il caso a farci incappare nel nostro doppio ci si può anche ridere su, magari ignorando il fatto che secondo alcuni miti il Doppelgänger è un presagio di morte; con un sosia “costruito”, però, la faccenda diventa di sicuro ben più inquietante.. Gemelli monozigoti: sosia per la vita. E i gemelli monozigoti? Chi più di loro condivide tutte le varianti genetiche possibili che costruiscono una faccia? Sono due gocce d’acqua non solo genetiche, ma anche davanti allo specchio: qualche minima differenza magari ce l’hanno, ma di fatto sono persone che vivono l’intera esistenza con un doppio. Al netto delle situazioni in cui può far comodo avere il dono dell’ubiquità, è difficile crescere con un sosia accanto? «Può esserlo se la comunanza, la fusione tipica dei gemelli diventa un carcere da cui non si riesce a evadere, che comprime le proprie potenzialità», risponde lo psichiatra Massimo Di Giannantonio. «A un certo punto della crescita è normale volersi differenziare dall’altro: se entrambi i gemelli condividono l’esigenza di individualizzazione, avere un doppio resta solo un vantaggio, se però uno dei due vuole mantenere una condivisione assoluta e un legame indissolubile, la strada diventa in salita e si possono sviluppare grossi problemi e conflittualità»..
La probabilità di avere un sosia tra 8 miliardi di persone al mondo è davvero è bassa. E spesso ci accontentiamo di… modeste imitazioni.