AgenPress – Marco e Gabriele Bianchi sono stati condannati all’ergastolo in primo grado e in appello a ventiquattro anni di carcere. Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono stati condannati in via definitiva rispettivamente a ventitré e ventuno anni di carcere.
La sera del sei settembre del 2020 pestarono a morte Willy Monteiro Duarte a Colleferro. Ai due, nel primo processo di appello, erano state riconosciute le attenuanti generiche portando la condanna dall’ergastolo del primo grado a 24 anni di carcere.
Il 9 aprile scorso gli ermellini avevano infatti disposto un Appello bis nel processo rispetto alle attenuanti generiche per i due fratelli di Artena, imputati per il delitto di Colleferro.
La Corte d’Assise d’Appello nell’esprimere la sentenza ha invece considerato che i Bianchi hanno agito con “dolo eventuale”, dunque senza “l’intenzione” di uccidere. Una considerazione che tuttavia i giudici della Cassazione non hanno ritenuto sufficiente per fare cadere l’ergastolo, dunque Marco e Gabriele Bianchi dovranno affrontare un processo di Appello bis che tenga in cosiderazione tutti questi aspetti e rischiare ancora il carcere a vita. Per la Cassazione i giudici d’Appello avrebbero invece dovuto tener presente le “micidiali modalità” dell’omicidio.
I fratelli Bianchi, sostengono i pm, che hanno chiesto il rinvio a nuovo processo “erano consapevoli delle conseguenze dei loro colpi, estremamente violenti, inferti con tecniche di lotta Mma contro punti vitali, su un corpo particolarmente esile come quello di Willy”.
“Deve prendersi atto in accoglimento del ricorso del Pubblico ministero che questa statuizione si rivela affetta da motivazione viziata per contraddittorietà interna e per sua strutturale carenza rispetto all’esigenza di fornire una giustificazione puntuale e adeguata delle conclusioni raggiunte in senso difforme rispetto a quelle a cui era approdata la Corte di assise”.
La Cassazione ha riconosciuto per tutti e quattro la penale responsabilità per l’accusa di omicidio volontario. Nelle motivazioni i supremi giudici, quindi, affermano che deve essere accolto “il ricorso proposto dal Procuratore generale che ha denunciato la violazione di legge e il vizio della motivazione alla base della riforma parziale della sentenza di primo grado decisa dalla Corte di Assise di appello nella parte in cui ha riconosciuto ai fratelli Bianchi le circostanze attenuanti generiche con la corrispondente mitigazione del relativo trattamento sanzionatorio”.
“I giudici di primo grado avevano negato agli imputati le attenuanti considerando che, per un verso, nessun aspetto connesso all’incontestabile gravità del fatto, concretatosi nella brutale uccisione di un giovane inerme, era suscettibile di determinare attenuazioni di pena e che, per altro verso, negativa era la valutazione della loro pronunciata capacità a delinquere – si legge nelle motivazioni -, essendo essi gravati da carichi pendenti per reati inerenti a violenza e condannati in secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, persone note nel loro contesto come picchiatori, facenti parte della chat denominata “La gang dello scrocchio”, dotati di personalità allarmante, privi di attività lavorativa eppure connotati da tenore di vita elevato, nonché protagonisti di un comportamento post factum dimostrativo dell’assenza di qualsiasi revisione critica del loro gravissimo operato deviante”.
AgenPress – Marco e Gabriele Bianchi sono stati condannati all’ergastolo in primo grado e in appello a ventiquattro anni di carcere. Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono stati condannati in via definitiva rispettivamente a ventitré e ventuno anni di carcere. La sera del sei settembre del 2020 pestarono a morte Willy Monteiro Duarte a Colleferro. Ai
AgenPress – Marco e Gabriele Bianchi sono stati condannati all’ergastolo in primo grado e in appello a ventiquattro anni di carcere. Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono stati condannati in via definitiva rispettivamente a ventitré e ventuno anni di carcere.
La sera del sei settembre del 2020 pestarono a morte Willy Monteiro Duarte a Colleferro. Ai due, nel primo processo di appello, erano state riconosciute le attenuanti generiche portando la condanna dall’ergastolo del primo grado a 24 anni di carcere.
Il 9 aprile scorso gli ermellini avevano infatti disposto un Appello bis nel processo rispetto alle attenuanti generiche per i due fratelli di Artena, imputati per il delitto di Colleferro.
La Corte d’Assise d’Appello nell’esprimere la sentenza ha invece considerato che i Bianchi hanno agito con “dolo eventuale”, dunque senza “l’intenzione” di uccidere. Una considerazione che tuttavia i giudici della Cassazione non hanno ritenuto sufficiente per fare cadere l’ergastolo, dunque Marco e Gabriele Bianchi dovranno affrontare un processo di Appello bis che tenga in cosiderazione tutti questi aspetti e rischiare ancora il carcere a vita. Per la Cassazione i giudici d’Appello avrebbero invece dovuto tener presente le “micidiali modalità” dell’omicidio.
I fratelli Bianchi, sostengono i pm, che hanno chiesto il rinvio a nuovo processo “erano consapevoli delle conseguenze dei loro colpi, estremamente violenti, inferti con tecniche di lotta Mma contro punti vitali, su un corpo particolarmente esile come quello di Willy”.
“Deve prendersi atto in accoglimento del ricorso del Pubblico ministero che questa statuizione si rivela affetta da motivazione viziata per contraddittorietà interna e per sua strutturale carenza rispetto all’esigenza di fornire una giustificazione puntuale e adeguata delle conclusioni raggiunte in senso difforme rispetto a quelle a cui era approdata la Corte di assise”.
La Cassazione ha riconosciuto per tutti e quattro la penale responsabilità per l’accusa di omicidio volontario. Nelle motivazioni i supremi giudici, quindi, affermano che deve essere accolto “il ricorso proposto dal Procuratore generale che ha denunciato la violazione di legge e il vizio della motivazione alla base della riforma parziale della sentenza di primo grado decisa dalla Corte di Assise di appello nella parte in cui ha riconosciuto ai fratelli Bianchi le circostanze attenuanti generiche con la corrispondente mitigazione del relativo trattamento sanzionatorio”.
“I giudici di primo grado avevano negato agli imputati le attenuanti considerando che, per un verso, nessun aspetto connesso all’incontestabile gravità del fatto, concretatosi nella brutale uccisione di un giovane inerme, era suscettibile di determinare attenuazioni di pena e che, per altro verso, negativa era la valutazione della loro pronunciata capacità a delinquere – si legge nelle motivazioni -, essendo essi gravati da carichi pendenti per reati inerenti a violenza e condannati in secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, persone note nel loro contesto come picchiatori, facenti parte della chat denominata “La gang dello scrocchio”, dotati di personalità allarmante, privi di attività lavorativa eppure connotati da tenore di vita elevato, nonché protagonisti di un comportamento post factum dimostrativo dell’assenza di qualsiasi revisione critica del loro gravissimo operato deviante”.