
Como è in fermento da giorni. Sarà forse l’effetto del ritorno in Serie A della squadra di calcio cittadina dopo più di vent’anni di serie minori, oppure la temperatura mite degli ultimi scampoli d’estate che invita la gente alla flânerie. Ma forse, più di tutto, è l’energia intrinseca di un territorio che, nonostante le attenzioni alloctone delle star di Hollywood – che hanno provocato insieme ai “grandi marchi” una rivoluzione nel prospetto delle vie del corso –, riesce ancora oggi a mantenere intatta la sua identità artistica-imprenditoriale.
Il centro storico, questa settimana in particolare (fino al 22 settembre), pullula di persone in visita al Lake Como Design Festival 2024, l’evento ormai alla sua sesta edizione – di cui Linkiesta Etc è media partner – che celebra la creatività in tutte le sue forme, facendo del borgo il suo naturale palcoscenico: tra Piazza Cavour, il Duomo e la passeggiata del lungolago di viale Geno, si percepisce un’aria di eleganza discreta particolare, sospesa tra l’antico e il moderno. L’abitudine al bello a queste latitudini è stratificata nelle epoche.
Ecco perché al giorno d’oggi questo rifugio di serenità per artigiani, artisti e imprenditori col pallino dell’estetica, ma anche semplici amanti del buon gusto, finisce per assumere i connotati dell’immaterialità mesmerica tipica dei paesaggi lacustri. D’altronde chi non rimane ipnotizzato quando, sporgendosi dalle terrazze dei caffè coi tavolini in ferro battuto e dai pergolati avvolti dal verde, scorge tra le foglie il profilo del grande specchio d’acqua, sospeso tra le montagne e la città, che ondeggia quasi nervoso sotto le sferzate del vento.
Light Restaurant (Ph. Stefania Zanetti)
Una delle chiavi per comprendere il peculiare fascino della località lariana risiede nel passato del borgo e nella sua tradizione di rigore architettonico, profondamente radicata nel razionalismo italiano. Un esempio iconico di questo stile è sicuramente il Palazzo del Fascio, progettato da Giuseppe Terragni negli anni Trenta. Questa geniale opera architettonica, che fonde rigore e raffinatezza, è il simbolo di un’epoca in cui la città si affermava come uno dei centri più all’avanguardia del design.
L’eccellenza di Como non si limitava però alla sola architettura: si estendeva anche all’artigianato, e in particolare nel settore tessile. Storicamente rinomata per la produzione di seta, la città ha dato i natali ad alcune delle aziende più prestigiose del settore. Tra queste c’è anche Somma, il celebre marchio di coperte divenuto un’istituzione nazionale grazie alla fusione tra maestria artigianale e innovazione tecnica. È proprio questo, forse, il tratto distintivo di Como, e che si può scorgere anche nelle reincarnazioni del design contemporaneo.
Villa Anna (Ph. Margherita Bonetti)
Gli appuntamenti da non perdere
L’edizione di quest’anno del Festival, cominciato il 15 settembre, ha per tema il concetto di “Leggerezza”, così come inteso da Calvino nelle celebri “Lezioni americane”, e propone una serie di mostre, installazioni e incontri che esplorano il tema del design attraverso il dialogo con lo spazio, il tempo e la tradizione. Tra le location principali ci sono San Pietro in Atrio, Spazio Natta, Palazzo del Broletto e la splendida Villa del Grumello.
Broletto (ph. Nicolò Panzeri)
Il cuore pulsante del festival è il Chilometro della Conoscenza, un percorso che unisce Villa Olmo, Villa del Grumello e Villa Sucota attraverso parchi secolari per un totale di quindici ettari. Qui trova spazio la Contemporary Design Selection curata da Giovanna Massoni, che presenta una panoramica sul design contemporaneo indipendente. Come spiega la curatrice, l’esposizione si articola in tre filoni tematici: «Il primo immagina una sottrazione di peso, materiali, lavorazioni e strutture che determinano la leggerezza dell’oggetto, ma anche una riduzione del peso e dell’impatto sul pianeta. Un secondo cluster è dedicato agli oggetti agili, trasformabili, pieghevoli, trasportabili, multifunzionali e adattabili. Il terzo ragiona sugli spazi di luce».
L’interno della Villa del Grumello ospita Lightness in Progress, una mostra collettiva che riunisce designer, artisti, editori e gallerie creando un percorso concettuale intorno al concetto della leggerezza. Tra i progetti esposti emergono le opere di Andrea Branzi, curate da Clio Calvi e Rudy Volpi per Lithos, e una selezione di pezzi di Angelo Mangiarotti, Enrico Rava e Paolo Buffa presentati da Eredi Marelli. Michele Marelli, anima dell’azienda, racconta: «È la seconda tappa di un viaggio in Italia, un progetto che abbiamo iniziato l’anno scorso. Vuole essere una sorta di Grand Tour nell’Italia dei distretti, nell’Italia della manifattura artigianale, mescolando pezzi originali di design storico con oggetti di produzione contemporanea».
Villa del Grumello (ph. Nicolò Panzeri)
Il percorso espositivo si snoda attraverso altre location prestigiose del centro storico. A San Pietro in Atrio, chiesa sconsacrata recentemente recuperata come spazio espositivo, va in scena una mostra che celebra i trentacinque anni di Lithos, importante realtà comasca legata alla stampa e alle incisioni. L’assessore alla cultura Enrico Colombo, presente all’inaugurazione, ha sottolinea l’importanza di questa iniziativa: «Sono felicissimo di poter lanciare e ribadire il concetto che la nostra città ha tutto per essere una città d’arte. Sono iniziative come queste che la fanno crescere e la elevano nell’olimpo di quelle che sono le mete turistiche dal punto di vista culturale, non solo in Italia ma in Europa».
Pezzi storici
A Spazio Natta, l’installazione 8 Days of Lightness offre un’interpretazione intima e spirituale del tema della leggerezza. Creata dai due artisti lituani Erlands e Bai Bai, l’esposizione si concentra in particolare su una serie di lampade di vetro, che ricordano scettri o manubri. Questi oggetti non sono solo pezzi di design, ma strumenti ginnico-meditativi che esplorano il rapporto tra corpo e consapevolezza interiore. I visitatori, accolti in uno spazio minimalista e contemplativo, sono invitati a togliersi le scarpe, segno dell’ingresso in una dimensione più profonda. Tra stuoie intrecciate, sagome di panni in rame e un angolo dedicato al rituale del tè, si crea un’atmosfera di quiete e riflessione. Durante il festival, sarà possibile assistere a dimostrazioni dal vivo in cui Erlands mostrerà l’impatto fisico e mentale degli oggetti da loro creati.
Spazio Natta (ph. Nicolò Panzeri)
A Palazzo del Broletto, Lorenzo Butti ha curato una mostra intitolata The Form of Lightness, che esplora il concetto di leggerezza attraverso quasi un secolo di storia del design della sedia, dagli anni Venti-Trenta fino ai giorni nostri. Il percorso cronologico permette di osservare come diversi architetti, progettisti e artisti abbiano interpretato la leggerezza in modi differenti nel corso del tempo.
Tra i pezzi esposti spiccano la Superleggera di Gio Ponti e la Lariana di Giuseppe Terragni, legata al patrimonio architettonico di Como. Una delle sedute più particolari è quella a cucchiaio di Carlo Mollino, ispirata all’arte africana, che «non ti solleva, ma ti porta a contatto con la terra». La controversa sedia Phantom di Ikea, ritirata dal mercato perché «fin troppo innovativa» e, infine, la sedia di Björn Steiner progettata per una comunità in Tanzania che ha una doppia funzione: «Ci si siede e si utilizza la stuoia integrata come accessorio».
Dalmoto, Sister Moon (courtesy of Lake Como Design Festival)
Ma il festival non si limita a presentare sedie storiche, ma offre spazio anche a giovani designer e nuove proposte. Ne è un esempio la seduta Sister Moon Chair presentata da Dalmoto, azienda fondata da due giovani designer comaschi. Come raccontano i fondatori: «Abbiamo colto il tema del festival interpretandolo a nostro modo. Abbiamo immaginato un prodotto ispirato all’assenza di gravità, alla luna, che si può ritrovare nella forma e soprattutto nelle fasi lunari».
Sospeso tra l’antico e il moderno, tra le montagne e la città, il Lake Como Design Festival (fino al 22 settembre) anima le località lariane con un percorso diffuso fatto di mostre, installazioni site-specific e pezzi unici, dando spazio anche alle giovani promesse del settore
Como è in fermento da giorni. Sarà forse l’effetto del ritorno in Serie A della squadra di calcio cittadina dopo più di vent’anni di serie minori, oppure la temperatura mite degli ultimi scampoli d’estate che invita la gente alla flânerie. Ma forse, più di tutto, è l’energia intrinseca di un territorio che, nonostante le attenzioni alloctone delle star di Hollywood – che hanno provocato insieme ai “grandi marchi” una rivoluzione nel prospetto delle vie del corso –, riesce ancora oggi a mantenere intatta la sua identità artistica-imprenditoriale.
Il centro storico, questa settimana in particolare (fino al 22 settembre), pullula di persone in visita al Lake Como Design Festival 2024, l’evento ormai alla sua sesta edizione – di cui Linkiesta Etc è media partner – che celebra la creatività in tutte le sue forme, facendo del borgo il suo naturale palcoscenico: tra Piazza Cavour, il Duomo e la passeggiata del lungolago di viale Geno, si percepisce un’aria di eleganza discreta particolare, sospesa tra l’antico e il moderno. L’abitudine al bello a queste latitudini è stratificata nelle epoche.
Ecco perché al giorno d’oggi questo rifugio di serenità per artigiani, artisti e imprenditori col pallino dell’estetica, ma anche semplici amanti del buon gusto, finisce per assumere i connotati dell’immaterialità mesmerica tipica dei paesaggi lacustri. D’altronde chi non rimane ipnotizzato quando, sporgendosi dalle terrazze dei caffè coi tavolini in ferro battuto e dai pergolati avvolti dal verde, scorge tra le foglie il profilo del grande specchio d’acqua, sospeso tra le montagne e la città, che ondeggia quasi nervoso sotto le sferzate del vento.
Light Restaurant (Ph. Stefania Zanetti)
Una delle chiavi per comprendere il peculiare fascino della località lariana risiede nel passato del borgo e nella sua tradizione di rigore architettonico, profondamente radicata nel razionalismo italiano. Un esempio iconico di questo stile è sicuramente il Palazzo del Fascio, progettato da Giuseppe Terragni negli anni Trenta. Questa geniale opera architettonica, che fonde rigore e raffinatezza, è il simbolo di un’epoca in cui la città si affermava come uno dei centri più all’avanguardia del design.
L’eccellenza di Como non si limitava però alla sola architettura: si estendeva anche all’artigianato, e in particolare nel settore tessile. Storicamente rinomata per la produzione di seta, la città ha dato i natali ad alcune delle aziende più prestigiose del settore. Tra queste c’è anche Somma, il celebre marchio di coperte divenuto un’istituzione nazionale grazie alla fusione tra maestria artigianale e innovazione tecnica. È proprio questo, forse, il tratto distintivo di Como, e che si può scorgere anche nelle reincarnazioni del design contemporaneo.
Villa Anna (Ph. Margherita Bonetti)
Gli appuntamenti da non perdere
L’edizione di quest’anno del Festival, cominciato il 15 settembre, ha per tema il concetto di “Leggerezza”, così come inteso da Calvino nelle celebri “Lezioni americane”, e propone una serie di mostre, installazioni e incontri che esplorano il tema del design attraverso il dialogo con lo spazio, il tempo e la tradizione. Tra le location principali ci sono San Pietro in Atrio, Spazio Natta, Palazzo del Broletto e la splendida Villa del Grumello.
Broletto (ph. Nicolò Panzeri)
Il cuore pulsante del festival è il Chilometro della Conoscenza, un percorso che unisce Villa Olmo, Villa del Grumello e Villa Sucota attraverso parchi secolari per un totale di quindici ettari. Qui trova spazio la Contemporary Design Selection curata da Giovanna Massoni, che presenta una panoramica sul design contemporaneo indipendente. Come spiega la curatrice, l’esposizione si articola in tre filoni tematici: «Il primo immagina una sottrazione di peso, materiali, lavorazioni e strutture che determinano la leggerezza dell’oggetto, ma anche una riduzione del peso e dell’impatto sul pianeta. Un secondo cluster è dedicato agli oggetti agili, trasformabili, pieghevoli, trasportabili, multifunzionali e adattabili. Il terzo ragiona sugli spazi di luce».
L’interno della Villa del Grumello ospita Lightness in Progress, una mostra collettiva che riunisce designer, artisti, editori e gallerie creando un percorso concettuale intorno al concetto della leggerezza. Tra i progetti esposti emergono le opere di Andrea Branzi, curate da Clio Calvi e Rudy Volpi per Lithos, e una selezione di pezzi di Angelo Mangiarotti, Enrico Rava e Paolo Buffa presentati da Eredi Marelli. Michele Marelli, anima dell’azienda, racconta: «È la seconda tappa di un viaggio in Italia, un progetto che abbiamo iniziato l’anno scorso. Vuole essere una sorta di Grand Tour nell’Italia dei distretti, nell’Italia della manifattura artigianale, mescolando pezzi originali di design storico con oggetti di produzione contemporanea».
Villa del Grumello (ph. Nicolò Panzeri)
Il percorso espositivo si snoda attraverso altre location prestigiose del centro storico. A San Pietro in Atrio, chiesa sconsacrata recentemente recuperata come spazio espositivo, va in scena una mostra che celebra i trentacinque anni di Lithos, importante realtà comasca legata alla stampa e alle incisioni. L’assessore alla cultura Enrico Colombo, presente all’inaugurazione, ha sottolinea l’importanza di questa iniziativa: «Sono felicissimo di poter lanciare e ribadire il concetto che la nostra città ha tutto per essere una città d’arte. Sono iniziative come queste che la fanno crescere e la elevano nell’olimpo di quelle che sono le mete turistiche dal punto di vista culturale, non solo in Italia ma in Europa».
Pezzi storici
A Spazio Natta, l’installazione 8 Days of Lightness offre un’interpretazione intima e spirituale del tema della leggerezza. Creata dai due artisti lituani Erlands e Bai Bai, l’esposizione si concentra in particolare su una serie di lampade di vetro, che ricordano scettri o manubri. Questi oggetti non sono solo pezzi di design, ma strumenti ginnico-meditativi che esplorano il rapporto tra corpo e consapevolezza interiore. I visitatori, accolti in uno spazio minimalista e contemplativo, sono invitati a togliersi le scarpe, segno dell’ingresso in una dimensione più profonda. Tra stuoie intrecciate, sagome di panni in rame e un angolo dedicato al rituale del tè, si crea un’atmosfera di quiete e riflessione. Durante il festival, sarà possibile assistere a dimostrazioni dal vivo in cui Erlands mostrerà l’impatto fisico e mentale degli oggetti da loro creati.
Spazio Natta (ph. Nicolò Panzeri)
A Palazzo del Broletto, Lorenzo Butti ha curato una mostra intitolata The Form of Lightness, che esplora il concetto di leggerezza attraverso quasi un secolo di storia del design della sedia, dagli anni Venti-Trenta fino ai giorni nostri. Il percorso cronologico permette di osservare come diversi architetti, progettisti e artisti abbiano interpretato la leggerezza in modi differenti nel corso del tempo.
Tra i pezzi esposti spiccano la Superleggera di Gio Ponti e la Lariana di Giuseppe Terragni, legata al patrimonio architettonico di Como. Una delle sedute più particolari è quella a cucchiaio di Carlo Mollino, ispirata all’arte africana, che «non ti solleva, ma ti porta a contatto con la terra». La controversa sedia Phantom di Ikea, ritirata dal mercato perché «fin troppo innovativa» e, infine, la sedia di Björn Steiner progettata per una comunità in Tanzania che ha una doppia funzione: «Ci si siede e si utilizza la stuoia integrata come accessorio».
Dalmoto, Sister Moon (courtesy of Lake Como Design Festival)
Ma il festival non si limita a presentare sedie storiche, ma offre spazio anche a giovani designer e nuove proposte. Ne è un esempio la seduta Sister Moon Chair presentata da Dalmoto, azienda fondata da due giovani designer comaschi. Come raccontano i fondatori: «Abbiamo colto il tema del festival interpretandolo a nostro modo. Abbiamo immaginato un prodotto ispirato all’assenza di gravità, alla luna, che si può ritrovare nella forma e soprattutto nelle fasi lunari».