
Roma, 17 settembre 2024 – Ha incontrato due anni fa in Ucraina Ryan Wesley Routh, sospettato del “tentato assassinio” di Donald Trump (così l’Fbi).
Cristina Brondoni, criminologa e giornalista, dopo aver visto le gigantografie dell’uomo in tv ha avuto la certezza: era proprio lui l’americano “esagerato” che aveva incrociato a Kiev in piazza Maidan Nezalezhnosti, o dell’Indipendenza. L’abbiamo raggiunta al telefono.
Cristina Brondoni, cosa ricorda di quegli incontri?
“Intanto mi è rimasta una domanda. Oggi mi chiedo come mai una persona così esagerata non abbia attirato le attenzioni delle autorità, in un paese in guerra. Magari potrebbe essere successo in seguito, senza che io me ne fossi accorta”.
Quando ha avuto la certezza che fosse proprio lui?
“Ieri pomeriggio, quando ho visto la sua foto, grande, in tv. Mi sono detta, ma io l’ho già visto. Ho pensato, non è possibile, sono pazza”.
Invece no.
“Ci ho pensato per tutto il giorno, alla fine ho riguardato le quasi 10mila foto che ho scattato nei miei due mesi in Ucraina, tra giugno e agosto 2022”.
E l’ha trovato.
“Sì, lo avevo fotografato mentre sistemava le bandierine che ricordano i soldati caduti in guerra. Proprio a quello aveva fatto riferimento la prima volta”.
In che senso?
“Quando l’ho incontrato la prima volta in piazza Maidan a Kiev era il 3 giugno 2022. Ha capito che ero una giornalista dalla scritta press e mi ha fermato. Poi mi ha detto, in inglese: Ci vuole rispetto, non c’è rispetto. Si riferiva alle bandierine piantate nel prato, con il nome dei osldati morti in guerra. Lui era seccato perché il vento le piegava, e sembrava dire: a nessuno importa che stiano dritte”.
Che impressione le ha fatto?
“Era una persona che si muoveva in modo scomposto sul marciapiede, con movimenti inconsulti”.
Com’era vestito?
“Indossava una maglietta bianca, sopra aveva la bandiera americana e scritte che inneggiavano alla vittoria dell’Ucraina. Mi ha fermato perché voleva che raccontassi la sua storia, voleva combatter”.
Quando lo ha rivisto?
“Direi una decina di giorni dopo, anche se nel frattempo lo ho incrociato diverse volte. Ma tendevo a scansarlo, perché mi pareva… esagerato. La seconda volta che l’ho incontrato l’ho sentito parlare a voce alta, ripeteva in modo ossessivo, combattere e rispetto”.
Dalla foto in piazza Maidan sembra più muscoloso di oggi.
“Nei giorni successivi mi sono fermata e gli ho chiesto se andasse tutto bene, lo vedevo peggiorato. Lui ha risposto con un monosillabo, ha ripetuto che era pronto a combattere”.
Che ’diagnosi’ ha fatto, da criminologa?
“Ho pensato che avesse un disagio. Una di quelle persone che potendo, provi a schivare”.
Cristina Brondoni, giornalista, nel 2022 tra aprile e agosto ha trascorso un paio di mesi nell’Ucraina in guerra. “Dopo averci parlato mi è rimasta una domanda: come mai una persona così esagerata che aveva attirato la mia attenzione non ha destato l’interesse delle autorità?”
Roma, 17 settembre 2024 – Ha incontrato due anni fa in Ucraina Ryan Wesley Routh, sospettato del “tentato assassinio” di Donald Trump (così l’Fbi).
Cristina Brondoni, criminologa e giornalista, dopo aver visto le gigantografie dell’uomo in tv ha avuto la certezza: era proprio lui l’americano “esagerato” che aveva incrociato a Kiev in piazza Maidan Nezalezhnosti, o dell’Indipendenza. L’abbiamo raggiunta al telefono.
Cristina Brondoni, cosa ricorda di quegli incontri?
“Intanto mi è rimasta una domanda. Oggi mi chiedo come mai una persona così esagerata non abbia attirato le attenzioni delle autorità, in un paese in guerra. Magari potrebbe essere successo in seguito, senza che io me ne fossi accorta”.
Quando ha avuto la certezza che fosse proprio lui?
“Ieri pomeriggio, quando ho visto la sua foto, grande, in tv. Mi sono detta, ma io l’ho già visto. Ho pensato, non è possibile, sono pazza”.
Invece no.
“Ci ho pensato per tutto il giorno, alla fine ho riguardato le quasi 10mila foto che ho scattato nei miei due mesi in Ucraina, tra giugno e agosto 2022”.
E l’ha trovato.
“Sì, lo avevo fotografato mentre sistemava le bandierine che ricordano i soldati caduti in guerra. Proprio a quello aveva fatto riferimento la prima volta”.
In che senso?
“Quando l’ho incontrato la prima volta in piazza Maidan a Kiev era il 3 giugno 2022. Ha capito che ero una giornalista dalla scritta press e mi ha fermato. Poi mi ha detto, in inglese: Ci vuole rispetto, non c’è rispetto. Si riferiva alle bandierine piantate nel prato, con il nome dei osldati morti in guerra. Lui era seccato perché il vento le piegava, e sembrava dire: a nessuno importa che stiano dritte”.
Che impressione le ha fatto?
“Era una persona che si muoveva in modo scomposto sul marciapiede, con movimenti inconsulti”.
Com’era vestito?
“Indossava una maglietta bianca, sopra aveva la bandiera americana e scritte che inneggiavano alla vittoria dell’Ucraina. Mi ha fermato perché voleva che raccontassi la sua storia, voleva combatter”.
Quando lo ha rivisto?
“Direi una decina di giorni dopo, anche se nel frattempo lo ho incrociato diverse volte. Ma tendevo a scansarlo, perché mi pareva… esagerato. La seconda volta che l’ho incontrato l’ho sentito parlare a voce alta, ripeteva in modo ossessivo, combattere e rispetto”.
Dalla foto in piazza Maidan sembra più muscoloso di oggi.
“Nei giorni successivi mi sono fermata e gli ho chiesto se andasse tutto bene, lo vedevo peggiorato. Lui ha risposto con un monosillabo, ha ripetuto che era pronto a combattere”.
Che ’diagnosi’ ha fatto, da criminologa?
“Ho pensato che avesse un disagio. Una di quelle persone che potendo, provi a schivare”.