
Quanto peserà concretamente il pareggio di Manchester sulla corsa europea dell’Inter si scoprirà solo vivendo. Bisogna comprendere a fondo il meccanismo della classifica unica, pesi e contrappesi di un format ancora sconosciuto. Il modo con cui i nerazzurri hanno tenuto testa al City di Guardiola, però, consente di dire con certezza già a settembre che chi considera la squadra di Inzaghi una dei cavalli di corsa in Europa non sbaglia. Matura, compatta, fisicamente pronta e con un’identità precisa: tutto quello che serve per attraversare il mare mosso della nuova Champions League e cercare di sbarcare a primavera.
E’ stato un pareggio giusto. L’Inter può mangiarsi le mani per almeno tre situazioni finalizzate male (Darmian e Mkhitaryan soprattutto), il Manchester City ha sfondato in parte le linee nell’ultima mezz’ora quando Bastoni e compagni sono andati un po’ in apnea. Potevano segnare Gundogan e Foden, è finita zero a zero e in fondo è giusto così.
Non è stata e non poteva essere la rivincita della finale di Istanbul del 2023, ma la sensazione è che come quella partita anche questa serva a Inzaghi per alzare l’autostima del suo gruppo. Nota a margine: sono partiti titolari Bisseck, Zielinski e Taremi per dare un senso ulteriore al concetto di rosa profonda qualitativamente e quantitativamente. Pavard, Mkhitaryan e Lautaro Martinez sono entrati per l’ultima parte della contesa eppure non se n’è sentita in assoluto la mancanza. Significa che le riserve o presunte tali sono di alto livello, a patto che l’intensità che tutta la squadra mette in campo sia al top e non come a Monza nell’ultima uscita di campionato.
L’Inter ha giocato con la testa solo alla Champions League. Non c’è stato un momento in cui il derby di domenica a San Siro ha fatto ombra alla concentrazione messa sul prato di Manchester. Anche questa è una cosa da grande squadra. Guardiola ha passato la vigilia a sperticarsi di elogi per Inzaghi e l’Inter, un po’ perché memore della faticaccia di Istanbul e molto perché è nel suo stile provare ad ‘addormentare’ l’avversario. Visto il confronto diretto si può dire che molte delle sue preoccupazione erano legittime.
La formula ha consegnato a Inzaghi un cammino difficile sulla strada della seconda fase. Il pareggio col City pesa, ma è un punto e per entrare nelle prime otto ne serviranno altri 15-16 da guadagnare nelle restanti 7 partite che prevedono, tra le altre, Arsenal e Lipsia a San Siro e il viaggio a trovare i campioni di Germania del Bayer Leverkusen. Morale: non c’è spazio per errori. Vale per l’Inter e per tutte le altre, Manchester City compreso.
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Quanto peserà concretamente il pareggio di Manchester sulla corsa europea dell’Inter si scoprirà solo vivendo. Bisogna comprendere a fondo il meccanismo della classifica unica, pesi e contrappesi di un format ancora sconosciuto. Il modo con cui i nerazzurri hanno tenuto testa al City di Guardiola, però, consente di dire con certezza già a settembre che chi considera la squadra di Inzaghi una dei cavalli di corsa in Europa non sbaglia. Matura, compatta, fisicamente pronta e con un’identità precisa: tutto quello che serve per attraversare il mare mosso della nuova Champions League e cercare di sbarcare a primavera.E’ stato un pareggio giusto. L’Inter può mangiarsi le mani per almeno tre situazioni finalizzate male (Darmian e Mkhitaryan soprattutto), il Manchester City ha sfondato in parte le linee nell’ultima mezz’ora quando Bastoni e compagni sono andati un po’ in apnea. Potevano segnare Gundogan e Foden, è finita zero a zero e in fondo è giusto così.Non è stata e non poteva essere la rivincita della finale di Istanbul del 2023, ma la sensazione è che come quella partita anche questa serva a Inzaghi per alzare l’autostima del suo gruppo. Nota a margine: sono partiti titolari Bisseck, Zielinski e Taremi per dare un senso ulteriore al concetto di rosa profonda qualitativamente e quantitativamente. Pavard, Mkhitaryan e Lautaro Martinez sono entrati per l’ultima parte della contesa eppure non se n’è sentita in assoluto la mancanza. Significa che le riserve o presunte tali sono di alto livello, a patto che l’intensità che tutta la squadra mette in campo sia al top e non come a Monza nell’ultima uscita di campionato.L’Inter ha giocato con la testa solo alla Champions League. Non c’è stato un momento in cui il derby di domenica a San Siro ha fatto ombra alla concentrazione messa sul prato di Manchester. Anche questa è una cosa da grande squadra. Guardiola ha passato la vigilia a sperticarsi di elogi per Inzaghi e l’Inter, un po’ perché memore della faticaccia di Istanbul e molto perché è nel suo stile provare ad ‘addormentare’ l’avversario. Visto il confronto diretto si può dire che molte delle sue preoccupazione erano legittime.La formula ha consegnato a Inzaghi un cammino difficile sulla strada della seconda fase. Il pareggio col City pesa, ma è un punto e per entrare nelle prime otto ne serviranno altri 15-16 da guadagnare nelle restanti 7 partite che prevedono, tra le altre, Arsenal e Lipsia a San Siro e il viaggio a trovare i campioni di Germania del Bayer Leverkusen. Morale: non c’è spazio per errori. Vale per l’Inter e per tutte le altre, Manchester City compreso.TUTTE LE NOTIZIE DI CALCIO SU PANORAMA
Quanto peserà concretamente il pareggio di Manchester sulla corsa europea dell’Inter si scoprirà solo vivendo. Bisogna comprendere a fondo il meccanismo della classifica unica, pesi e contrappesi di un format ancora sconosciuto. Il modo con cui i nerazzurri hanno tenuto testa al City di Guardiola, però, consente di dire con certezza già a settembre che chi considera la squadra di Inzaghi una dei cavalli di corsa in Europa non sbaglia. Matura, compatta, fisicamente pronta e con un’identità precisa: tutto quello che serve per attraversare il mare mosso della nuova Champions League e cercare di sbarcare a primavera.
E’ stato un pareggio giusto. L’Inter può mangiarsi le mani per almeno tre situazioni finalizzate male (Darmian e Mkhitaryan soprattutto), il Manchester City ha sfondato in parte le linee nell’ultima mezz’ora quando Bastoni e compagni sono andati un po’ in apnea. Potevano segnare Gundogan e Foden, è finita zero a zero e in fondo è giusto così.
Non è stata e non poteva essere la rivincita della finale di Istanbul del 2023, ma la sensazione è che come quella partita anche questa serva a Inzaghi per alzare l’autostima del suo gruppo. Nota a margine: sono partiti titolari Bisseck, Zielinski e Taremi per dare un senso ulteriore al concetto di rosa profonda qualitativamente e quantitativamente. Pavard, Mkhitaryan e Lautaro Martinez sono entrati per l’ultima parte della contesa eppure non se n’è sentita in assoluto la mancanza. Significa che le riserve o presunte tali sono di alto livello, a patto che l’intensità che tutta la squadra mette in campo sia al top e non come a Monza nell’ultima uscita di campionato.
L’Inter ha giocato con la testa solo alla Champions League. Non c’è stato un momento in cui il derby di domenica a San Siro ha fatto ombra alla concentrazione messa sul prato di Manchester. Anche questa è una cosa da grande squadra. Guardiola ha passato la vigilia a sperticarsi di elogi per Inzaghi e l’Inter, un po’ perché memore della faticaccia di Istanbul e molto perché è nel suo stile provare ad ‘addormentare’ l’avversario. Visto il confronto diretto si può dire che molte delle sue preoccupazione erano legittime.
La formula ha consegnato a Inzaghi un cammino difficile sulla strada della seconda fase. Il pareggio col City pesa, ma è un punto e per entrare nelle prime otto ne serviranno altri 15-16 da guadagnare nelle restanti 7 partite che prevedono, tra le altre, Arsenal e Lipsia a San Siro e il viaggio a trovare i campioni di Germania del Bayer Leverkusen. Morale: non c’è spazio per errori. Vale per l’Inter e per tutte le altre, Manchester City compreso.
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