Nevada-tan: la vera storia che si nasconde dietro al meme giapponese
Probabilmente la maggior parte di noi si è imbattuta in Internet in quello che sembra solo essere un meme che rappresenta una bambina giapponese che indossa la felpa della famosa Università del Nevada, ragione per cui il meme ha assunto il nome di Nevada-tan. Purtroppo però la storia che si nasconde dietro quest’immagine diventata virale non è per niente “carina”.
Prima di iniziare la narrazione, è opportuno spiegare il contesto culturale in cui ci troviamo, per capire ancora meglio come, una storia del genere già assurda di per sé, in un Paese come il Giappone sia ancora più fuori dall’ordinario. Forse non tutti sapranno che il Giappone è considerato uno dei posti più sicuri al mondo, anche in città enormi come Tokyo si possono vedere bambini prendere da soli la metro, turisti girare per le strade con la borsa aperta, si può tranquillamente andare a dormire senza chiudere la porta di casa e questo perché il tasso di criminalità è estremamente basso, quasi inesistente. Dall’altro lato però, vi è una fortissima pressione sociale sui bambini giapponesi: il percorso formativo appare rigido e intenso già dall’asilo, genitori e insegnanti nutrono grandissime aspettative a livello scolastico e lavorativo e fin da subito vengono rigidamente inculcati nei bambini i concetti di disciplina, rispetto e competizione obbligando i giovani a passare la maggior parte del loro tempo a scuola e a continuare le lezioni anche al di fuori del contesto scolastico con continui corsi di aggiornamento e/o ripetizioni costringendoli, di conseguenza, a rinunciare ad avere hobby o semplicemente a prendersi del tempo per sé stessi.
La storia di Nevada-tan
Tornando alla storia di questa bambina-meme conosciuta da tutti come Nevada-tan, bisogna precisare che in realtà il suo vero nome è Natsumi Tsuji, ma per motivi di comodità la chiameremo Nevada.
Nevada nasce a Nagasaki ed è una bambina estremamente intelligente con un QI di ben 140 e quindi possiamo ben immaginare come i genitori e gli insegnanti nutrissero grandi aspettative in Nevada la quale, al momento dello svolgimento dei fatti, aveva solo 11 anni. La bambina era quindi sottoposta ad una pressione continua sia in ambito familiare che scolastico tanto che, quando la madre si rende conto che l’unico hobby di sua famiglia, il basket, avrebbe potuto portarle via ore preziose di studio, decide di toglierla dalla squadra di basket della scuola e di chiuderla a chiave in camera sua una volta rientrata a casa, per farla concentrare solo ed unicamente sullo studio in modo che i suoi voti si alzassero. Qui, chiusa nella sua cameretta, Nevada trova come unica via di fuga Internet ed inizia ad appassionarsi, o meglio ad ossessionarsi, con tutto ciò che è horror tanto da creare anche un blog personale online dove condivideva questa sua grande passione, raccontava dei film che aveva guardato dando opinioni personali e interagendo virtualmente con gli altri utenti, cosa che nella vita reale non poteva fare dato che passava la maggior parte della sua giornata sola in casa. Anche la madre di Nevada si era infatti resa conto che la figlia aveva iniziato ad essere ancora più silenziosa e solitaria e che i suoi voti scolastici non si erano alzati, anzi erano peggiorati, tanto che decise di permetterle di nuovo di entrare a far parte della squadra di basket, ma ormai Nevada aveva perso interesse anche in quello, l’unica cosa che voleva era tornare a casa il più in fretta possibile per chiudersi in camera, guardare quei film horror che ormai avevano preso completamente il controllo della sua mente e postarne i contenuti sul suo blog. Nevada non era di certo l’unica ad avere un blog online, infatti anche molti suoi compagni di scuola ne avevano uno ed interagivano con lei su internet, leggevano il suo blog e le lasciavano commenti e tra questi vi era una sua compagna di classe, una bambina di 12 anni di nome Satomi Mitarai la quale, secondo alcune fonti, non era mai stata gentile con Nevada, pare infatti che la ragazzina la bullizzasse affibbiandole nomignoli poco carini in riferimento al suo peso ed un giorno di maggio del 2004, Satomi lascia un commento sul blog di Nevada insultandola e facendo nuovamente commenti sul suo aspetto fisico. Quattro giorni dopo, precisamente il 1 giugno 2004, le ragazzine si trovano a scuola per la foto di classe, la stessa foto diventata virale dove si può vedere Nevada indossare la famosa felpa col logo dell’Università, e durante la pausa pranzo la ragazzina di avvicina a Satomi invitandola a seguirla in un’aula della scuola rimasta vuota, lì la fa sedere su una sedia, le benda gli occhi e senza dire una parola tira fuori un taglierino e le taglia la gola e i polsi. Solo dopo essersi accertata che la ragazzina fosse morta Nevada esce dall’aula e, sporca di sangue, si reca in classe e si siede al suo banco. Nel frattempo una maestra era andata a cercare la povera Satomi che stava ritardando a lezione e quando la trova la scena che le si apre davanti agli occhi è peggiore di qualsiasi film horror: la bambina è stesa a terra a faccia in giù in una pozza di sangue.
All’arrivo delle autorità Nevada viene presa e portata in custodia e solo a quel punto la bambina sembra rendersi conto della gravità delle sue azione ed infatti scoppia in lacrime dicendo: «Ho fatto qualcosa di brutto, vero? Mi dispiace». Nevada spiega che aveva deciso di uccidere Satomi subito dopo aver letto il commento che la ragazzina le aveva lasciato sul blog e di aver pianificato il tutto per ben quattro giorni! A causa della sua giovanissima età, al processo si decide di condannare Nevada a trascorrere solo alcuni anni in riformatorio.
Ad oggi, quella bambina ha trent’anni ed è una donna libera, conosciuta da tutti con lo pseudonimo di “Nevada-tan” dalla felpa che indossava il giorno del delitto.
Fonte dell’immagine in evidenza: Freepik
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