Uno studio condotto in Danimarca, pubblicato su Science Advances, ha cercato di capire quali siano le aree della città dove le persone rischiano maggiormente di soffrire di depressione: sorprendentemente è risultato che le zone più “depresse” non sono nel centro della città, dove si trovano i condomini più affollati, ma le periferie dove si vive in villette singole con giardino. Vediamo perché.. Lo studio. I ricercatori hanno voluto analizzare i principali fattori che influiscono sul benessere psicologico, in modo da capire in che modo progettare al meglio le città del futuro affinché siano sostenibili non solo per l’ambiente ma anche per la salute mentale. Servendosi di strumenti di machine learning, gli autori hanno esaminato le immagini satellitari di tutti gli edifici danesi dal 1987 al 2017, dividendoli in categorie a seconda della loro altezza e della densità abitativa. Combinando la mappa che ne è uscita con gli indirizzi di residenza, i dati sulla salute e l’economia delle famiglie, sono emersi nuovi fattori da tenere in considerazione che aumentano il rischio di depressione, oltre alle malattie e allo stato socio-economico.. Peggio in periferia. I risultati hanno dimostrato che non vi è una connessione chiara tra l’alta densità abitativa che si registra nel centro delle città e un aumento dell’incidenza della depressione, forse perché i centri urbani offrono più opportunità di socializzare e interagire con altre persone, cosa che fa bene alla salute mentale. Nemmeno chi viveva nelle aree rurali è risultato particolarmente a rischio depressione: quelle più esposte a problemi mentali sarebbero invece le persone che vivono in villette singole in quartieri periferici a media densità abitativa.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, chi vive in edifici a più piani situati in centro città o in quartieri vicini al centro con facile accesso a spazi aperti (come parchi o zone costiere) corre un più basso rischio di soffrire di depressione.. Perché? Secondo gli autori la depressione sarebbe più frequente nelle aree periferiche perché gli abitanti sono soggetti a tragitti in auto più lunghi, hanno a disposizione meno aree comuni all’aria aperta e non vi è una densità abitativa sufficiente da permettere l’apertura di locali e bar dove la gente possa socializzare. «Questo non significa che non vi siano potenziali benefici a vivere in periferia», sottolineano gli autori, «alcune persone preferiscono queste soluzioni abitative per la privacy, il silenzio e la possibilità di avere un giardino privato».. Ripensare le città. L’intento dello studio è quello di gettare le basi per ripensare a una progettazione urbana più a misura d’uomo: un’opzione potrebbe essere quella di costruire edifici a più piani anche in aree urbane al di fuori dal centro, di facile accesso a coste, laghi e parchi, facendo in modo che gli abitanti non debbano dipendere dall’automobile per i propri spostamenti.
Inoltre, quello che emerge dallo studio è che uno dei requisiti per dare vita a una comunità attiva è un livello di un’alta densità abitativa. Infine è importante ricordare che lo studio è stato condotto in Danimarca, e potrebbe dunque non essere direttamente applicabile ad altri Paesi: tuttavia, sostengono gli autori, i risultati offrono una base utile dalla quale partire per analizzare altri contesti..
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