
Il caldo record e alcuni eventi estremi meteo (bombe d’acqua, super-grandinate, tempeste di vento, ecc.) di questi giorni stanno generando sui mass-media un dibattito incentrato, in genere in modo assai poco equilibrato, su due posizioni opposte: da una parte c’è chi soffia sul fuoco dell’allarmismo in modo sempre più drammatico e chi dall’altra invece nega persino che esista il fenomeno del cambiamento climatico, portando argomentazioni del tipo “d’estate ha sempre fatto caldo”, “il clima è sempre cambiato”, ecc..
In realtà sono due posizioni entrambe poco efficaci, che possiamo definire come risposte umane molto comprensibili ma disfunzionali di fronte a un problema: negarne l’esistenza o andare nel panico.
Sono entrambe disfunzionali, perché il panico non aiuta a cambiare, non aiuta a fare scelte sagge e pensate, non aiuta a risolvere i problemi. Nel panico non facciamo cambiamenti, ci rifugiamo nelle certezze, perché ogni cosa nuova che facciamo sarebbe un disastro, proprio per via del panico.
Così come non possiamo certo negare l’esistenza di un problema sul quale esistono ormai cumuli di prove che confermano come il cambiamento climatico, soprattutto nella sua tempistica molto accelerata, dipenda dalle emissioni di gas climalteranti come risultato delle azioni umane. Possiamo discutere quanto pesano queste azioni nell’ambito di un processo che ha anche delle componenti cicliche naturali, ma che l’uomo ci abbia aggiunto un bel “carico da 90” mi sembra ormai piuttosto convincente.
In tutti i casi, se anche i cambiamenti fossero in gran parte naturali, il tema rimane un altro: come comunicarli in modo corretto senza provocare le due reazioni descritte prima e soprattutto cosa fare di fronte a questa situazione in così rapida evoluzione.
A questa domanda cerca di dare una risposta un recente studio apparso sulla rivista Nature Climate Change e da titolo “Ridurre l’ansia climatica personale è fondamentale per l’adattamento”.
Gli autori hanno cercano di capire qual è il modo più costruttivo di affrontare la crisi climatica e giungono a concludere che questo consista nell’adottare strategie personali di adattamento. In pratica, di fronte all’eco-ansia, la cosa migliore è fare qualcosa a livello personale, per ridurre il rischio dell’impatto del cambiamento climatico sulle proprie vite. Quindi cercare di apportare un cambiamento, anche piccolo ma percepibile nelle proprie vite, nelle proprie abitudini, attorno a noi.
Queste azioni, anche se possono sembrare microscopiche di fronte ai problemi globali non solo possono ridurre l’ansia da apocalisse, ma anche far nascere in chi le compie una percezione di autoefficacia e speranza, che a sua volta catalizza un’azione collettiva di adattamento.
Infatti «È dimostrato che le azioni personali per ridurre il cambiamento climatico non solo hanno benefici nell’estremità negativa dello spettro delle emozioni, ma hanno anche il potenziale di catalizzare la “gemella buona” dell’ansia: la speranza. Infatti, promuovendo la speranza, le azioni per il clima a livello personale hanno il potenziale di catalizzare i benefici a livello di gruppo, tra cui un’elevata percezione di autoefficacia collettiva e un’azione collettiva di adattamento».
Quindi un’azione piccola forse non salverà il genere umano dall’estinzione, ma per tutta una serie di retroazioni potrebbe generare effetti a catena su tutto il sistema. Se poi chi le compie è un manager di azienda, un amministratore o un sindaco, le può applicare alla scala di cui lui è responsabile, producendo effetti virtuosi ancora maggiori.
Quindi, come sempre in tutti i campi della vita, l’importante è cominciare.
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L’articolo Come ridurre l’ansia climatica sembra essere il primo su La Rivista della Natura.
Il caldo record e alcuni eventi estremi meteo (bombe d’acqua, super-grandinate, tempeste di vento, ecc.) di questi giorni stanno generando sui mass-media un dibattito incentrato, in genere in modo assai poco equilibrato, su due posizioni opposte: da una parte c’è chi soffia sul fuoco dell’allarmismo in modo sempre più drammatico e chi dall’altra invece nega
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