
Il Medicane (da MEDIterranean hurriCANE) è un uragano mediterraneo che si forma a causa di un sistema di bassa pressione, ed è definibile come un ciclone tropicale a piccola scala.
Analogamente ai cicloni più grandi e devastanti che si formano sopra gli oceani, i Medicane sono caratterizzati da forti piogge, venti e mareggiate. Però, la durata e l’intensità di un Medicane sono limitate a causa della ridotta estensione del Mar Mediterraneo.
Nonostante ciò, un Medicane è in grado di produrre ingenti danni lungo le coste esposte costituendo un alto fattore di rischio a causa dell’elevata densità abitativa e delle infrastrutture produttive presenti. I forti venti generati durante questi ultimi eventi meteorologici causano un’intensificazione del moto ondoso con onde che possono anche superare i 3,5 metri di altezza.
«Tra il mese di novembre del 2011 e il mese di febbraio del 2023 almeno 9 Medicane e diverse tempeste stagionali comuni hanno interessato il mar Mediterraneo e le zone costiere dei vari paesi che si affacciano su di esso» spiega Vittorio Minio dell’INGV-OE.
Immagini satellitari dei Medicanes che hanno interessato il Mar Mediterraneo dal 2011 al 2023 (© NasaWorldview).
La stella rossa mostra la posizione della sorgente del microseism ricavata dalle analisi condotte.
Studiare i Medicane con la sismologia
In uno scenario di cambiamenti climatici in cui gli eventi meteo estremi sono sempre più frequenti, è importante riuscire a distinguere i medicane dalle tempeste stagionali comuni, che sono, invece, le classiche perturbazioni stagionali come, ad esempio, le perturbazioni atlantiche in grado di produrre piogge, venti intensi e conseguentemente mareggiate.
È possibile studiare i fenomeni meteo-marini con gli strumenti della sismologia, perché i violenti moti ondosi generati sia dai Medicane, sia dalle tempeste comuni generano segnali sismici utili per lo studio e il monitoraggio di questi fenomeni meteo-marini.
Le onde del mare sono in grado di trasferire alla Terra solida energia sotto forma di deboli onde sismiche, che vengono registrate dalle comuni stazioni sismiche.
È questo l’obiettivo della ricerca “Long-term analysis of microseism during extreme weather events: Medicanes and common storms in the Mediterranean Sea” appena pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment.
Lo studio è stato condotto da un team di ricerca multidisciplinare del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania (Alfio Marco Borzì, Andrea Cannata e Carmelo Monaco), dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV-OE (Flavio Cannavò e Vittorio Minio), del Royal Observatory of Belgium (Raphael De Plaen e Thomas Lecocq), del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo (Giuseppe Ciraolo), del Department of Geoscience dell’Università di Malta (Sebastiano D’Amico), del Centro Nazionale per la Caratterizzazione Ambientale e la Protezione della Fascia Costiera, la Climatologia Marina e l’Oceanografia Operativa dell’ISPRA (Carlo Lo Re e Marco Picone) e del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari (Giovanni Scardino e Giovanni Scicchitano).
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L’articolo I cicloni del Mediterraneo sembra essere il primo su La Rivista della Natura.
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