
Le microplastiche, cioè i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri (secondo una definizione) oppure sotto al millimetro (secondo un’altra), sono ovunque: le abbiamo da tempo trovate anche nel nostro organismo, che si dice che ogni settimana assuma l’equivalente di una carta di credito di plastica, oltre che ovviamente negli oceani e negli animali marini. Fino ad oggi, però, gli studi sulla presenza di microplastiche nei nostri organi interni erano limitati: ora una ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology ha rilevato la presenza di microplastiche in campioni di tessuto muscolare cardiaco dopo aver analizzato alcuni pazienti che si sono sottoposti a operazioni chirurgiche al cuore.. Microplastiche ovunque. In un esperimento pilota i ricercatori hanno raccolto i campioni di tessuto cardiaco e di sangue (pre e post-operazione) di 15 persone sottoposte a operazioni chirurgiche al cuore. I campioni stessi sono stati quindi analizzati con l’imaging laser a infrarossi diretti e hanno mostrato la presenza di particelle grandi tra i 20 e i 500 micrometri (per avere un termine di paragone, un capello umano è spesso circa 75 micrometri) appartenenti a otto diversi tipi di plastica, tra cui il polietilene tereftalato (utilizzato in vestiti e contenitori per i cibi), il polivinilcloruro (o PVC, usato in finestre, porte, pittura ecc.) e il polimetilmetacrilato (usato come alternativa al vetro resistente agli urti).. Nel sangue e nei tessuti. In tutti i campioni di sangue analizzati sono state ritrovate particelle di plastica, ma dopo gli interventi chirurgici la dimensione media delle particelle risutava diminuita e la tipologia di plastica da cui provenivano era aumentata, a dimostrazione del fatto che in alcuni casi le microplastiche erano state introdotte nell’organismo umano proprio durante le operazioni chirurgiche. . Nel caso del polimetilmetacrilato, invece, la sua presenza rilevata in tre aree diverse (nell’appendice atriale sinistra, nel tessuto adiposo epicardico e nel tessuto adiposo pericardico) non può essere attribuita secondo gli scienziati a un’esposizione accidentale avvenuta durante l’intervento chirurgico.. Nonostante lo studio abbia coinvolto un esiguo numero di partecipanti, i ricercatori ritengono dunque di aver fornito prove preliminari del fatto che le microplastiche possono accumularsi e rimanere nel cuore e nei suoi tessuti.
I risultati, in conclusione, mostrano come le procedure mediche invasive possono introdurre microplastiche nei tessuti interni e nel sangue: saranno dunque necessari ulteriori studi per valutare l’impatto dell’intervento chirurgico sull’introduzione di microplastiche e gli effetti potenziali delle microplastiche negli organi interni sulla salute umana..
Abbiamo trovato microplastiche nel sangue e nei tessuti cardiaci di chi ha subìto operazioni chirurgiche: ora dobbiamo capire bene quali sono le conseguenze per la salute.
Le microplastiche, cioè i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri (secondo una definizione) oppure sotto al millimetro (secondo un’altra), sono ovunque: le abbiamo da tempo trovate anche nel nostro organismo, che si dice che ogni settimana assuma l’equivalente di una carta di credito di plastica, oltre che ovviamente negli oceani e negli animali marini. Fino ad oggi, però, gli studi sulla presenza di microplastiche nei nostri organi interni erano limitati: ora una ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology ha rilevato la presenza di microplastiche in campioni di tessuto muscolare cardiaco dopo aver analizzato alcuni pazienti che si sono sottoposti a operazioni chirurgiche al cuore.. Microplastiche ovunque. In un esperimento pilota i ricercatori hanno raccolto i campioni di tessuto cardiaco e di sangue (pre e post-operazione) di 15 persone sottoposte a operazioni chirurgiche al cuore. I campioni stessi sono stati quindi analizzati con l’imaging laser a infrarossi diretti e hanno mostrato la presenza di particelle grandi tra i 20 e i 500 micrometri (per avere un termine di paragone, un capello umano è spesso circa 75 micrometri) appartenenti a otto diversi tipi di plastica, tra cui il polietilene tereftalato (utilizzato in vestiti e contenitori per i cibi), il polivinilcloruro (o PVC, usato in finestre, porte, pittura ecc.) e il polimetilmetacrilato (usato come alternativa al vetro resistente agli urti).. Nel sangue e nei tessuti. In tutti i campioni di sangue analizzati sono state ritrovate particelle di plastica, ma dopo gli interventi chirurgici la dimensione media delle particelle risutava diminuita e la tipologia di plastica da cui provenivano era aumentata, a dimostrazione del fatto che in alcuni casi le microplastiche erano state introdotte nell’organismo umano proprio durante le operazioni chirurgiche. . Nel caso del polimetilmetacrilato, invece, la sua presenza rilevata in tre aree diverse (nell’appendice atriale sinistra, nel tessuto adiposo epicardico e nel tessuto adiposo pericardico) non può essere attribuita secondo gli scienziati a un’esposizione accidentale avvenuta durante l’intervento chirurgico.. Nonostante lo studio abbia coinvolto un esiguo numero di partecipanti, i ricercatori ritengono dunque di aver fornito prove preliminari del fatto che le microplastiche possono accumularsi e rimanere nel cuore e nei suoi tessuti.
I risultati, in conclusione, mostrano come le procedure mediche invasive possono introdurre microplastiche nei tessuti interni e nel sangue: saranno dunque necessari ulteriori studi per valutare l’impatto dell’intervento chirurgico sull’introduzione di microplastiche e gli effetti potenziali delle microplastiche negli organi interni sulla salute umana..