Machu Picchu è un sito archeologico appollaiato a 2.400 metri di altitudine nella regione di Cusco (Perù) a ridosso della giungla andina. L’antica città inca, Patrimonio Unesco dal 1983, fu scoperta nel 1911 l’archeologo Hiram Bingham (1875-1956). La roccaforte è ancora oggi una testimonianza dell’incredibile abilità ingegneristica dei suoi abitanti, risparmiata miracolosamente dal tempo e dalla colonizzazione spagnola, che non arrivò mai fin quassù. Ma tra le rovine di questo sito archeologico si nascondono ancora misteri irrisolti. Perché fu fondata proprio qui, a più di 2.400 metri di altitudine, così lontana dal centro dell’impero? Chi ci abitava? E soprattutto da chi è stata costruita?. Mappa genetica. La risposta a queste domande si trova in parte in uno studio pubblicato su Science Advances, che grazie alla prima analisi completa del Dna delle persone sepolte più di 500 anni fa nel sito inca, dimostra la diversità genetica degli abitanti.
Gli studiosi avevano già cercato di tracciare una mappa del Dna delle civiltà precolombiane per ricostruire la storia delle migrazioni in quest’area, ma questa volta le analisi si sono concentrate esclusivamente sulle sepolture di gente comune, ritrovate nella città perduta, per capire chi avesse contribuito attivamente a costruire in maniera così efficiente questa cittadella reale, che ha resistito persino al potente terremoto del 1950.. L’Impero inca. La civiltà inca è iniziata intorno al 1100-1200 ed è durata fino alla conquista spagnola nel 1532. Questa popolazione raggiunse la sua massima espansione sotto l’imperatore Pachacutec (1438 1471). Inizialmente prese possesso del Perù per poi espandersi ulteriormente, formando un impero (a metà del XV secolo) che andava dalla parte meridionale della Colombia fino alla metà dell’attuale Cile, arrivando alla giungla del bassopiano amazzonico e alle steppe del Gran Chaco argentino. In questa regione vivevano, divisi in 250 tribù, circa 9 milioni di individui.. Il sito archeologico. Quando Bingham s’imbatté nelle rovine di Machu Picchu, il 24 luglio 1911, inizialmente pensò di aver scovato l’ultimo rifugio in cui si erano nascosti gli Inca in seguito all’invasione spagnola, ma in realtà Machu Picchu era intatta, quindi resta ancora da chiarire il motivo per cui fu abbandonata dai suoi abitanti. E non è l’unico mistero…. Studi incrociati. Gli archeologi peruviani Alfredo Valencia e Arminda Gibaja hanno provato a calcolare la resa delle coltivazioni a terrazze che circondavano il perimetro della città. Dalle loro valutazioni risulta che la produzione agricola locale bastasse al massimo a sostentare una popolazione compresa tra le 300 e le 600 persone. Ma la città era progettata per un numero di abitanti almeno doppio. Se ne deduce che non fosse molto popolata. Queste informazioni concordano con le ricerche degli archeologi statunitensi Richard Burger e Lucy Salazar, della Yale University. Sulla base di documenti spagnoli del XVI secolo e studi condotti su ceramiche rinvenute a Machu Picchu, gli studiosi sostengono che il luogo non fosse un insediamento regolare, e neppure una fortezza o un centro religioso, bensì una delle tante residenze reali, fondate dal sovrano Pachacutec.. i lavoratori. Come tutte le tenute reali, Machu Picchu non ospitava solo i sovrani e la loro corte, ma anche la servitù, tra cui artigiani e manovali, noti come yanacona, che vivendo stabilmente nella fortificazione, contribuivano alla manutenzione degli edifici. Gli yanacona venivano portati nelle tenute dalle terre conquistate ed erano considerati privilegiati rispetto al resto della popolazione. Questo è quanto emerso dai test genetici eseguiti dal team di Jason Nesbitt, professore associato di archeologia presso la Tulane University School of Liberal Arts, sulla popolazione sepolta nel sito più di 500 anni fa.. Dna comparati. I ricercatori hanno confrontato il DNA di 34 individui che si trovavano a Machu Picchu, sepolti come yanacona, con quello di 34 individui provenienti da altri luoghi dell’Impero Inca e con quello di alcuni genomi moderni del Sud America, per vedere quanto fossero “imparentati”.
I risultati hanno mostrato che gli individui provenivano da ogni parte dell’Impero, un terzo di loro persino dalla remota Amazzonia. Solo pochi avevano Dna compatibili, il che dimostra che si trattava di singoli individui (e non gruppi famigliari) portati nella residenza imperiale per lavorare. Chi veniva a palazzo per compiere una specifica mansione, dunque, faceva parte di una comunità eterogenea, che rappresentava molti gruppi etnici diversi provenienti da tutto l’Impero inca.. Sepolture “miste”. Inoltre Nesbitt, dall’analisi genetica, ha notato che le quattro aree cimiteriali di Machu Picchu non erano divise a seconda delle origini dei defunti. Gli individui sepolti insieme nelle grotte avevano Dna completamente diversi: «Questi risultati confermano che Machu Picchu era una comunità cosmopolita in cui persone di diversa provenienza vivevano insieme, si sposavano, avevano figli e venivano sepolte insieme», conclude Burger..
La prima analisi completa del Dna degli individui sepolti nel sito di Machu Picchu svela che la città perduta degli Incas era una comunità cosmopolita: qui arrivava gente da tutto l’Impero inca per lavorare nella roccaforte.