Uno dei rituali più diffusi in tutte le culture del mondo è quello della liberazione di un animale il cui destino era la morte e poi il consumo: pensate per esempio all’arcinoto tacchino che il Presidente degli USA “grazia” ogni anno per il Giorno del Ringraziamento. Anche i monaci buddhisti dell’altopiano del Tibet ne hanno uno: si chiama fangsheng (“liberazione della vita”) e prevede di salvare la vita a un animale destinato al macello, un modo per ripagare il proprio debito con la natura e anche per scacciare la sfortuna. Praticato fin dal III secolo d.C., negli ultimi anni il rituale sta avendo un impatto inaspettato sull’ecosistema locale: come raccontato in questo studio pubblicato su Current Zoology, le lontre che vivono nei pressi dei monasteri hanno imparato che da quelle parti si trova cibo facile e nutriente, e sfruttano ormai il fangsheng come se fosse un fast food.. Karma e rischi ambientali. Non è la prima volta che il rituale del fangsheng fa discutere per il suo impatto ambientale: nel 2017, per esempio, due monaci buddhisti londinesi sono stati arrestati e condannati a pagare una grossa multa perché, nelle acque di Brighton, avevano liberato granchi e aragoste appartenenti a specie non locali, mettendo quindi a rischio di invasione l’ecosistema. Un discorso simile potrebbe applicarsi ai monaci dell’altopiano del Tibet: lo studio della Sun Yat-Sen University di Guangzhou spiega che i pesci che sono soliti liberare nei loro fiumi sono quasi sempre specie esotiche, acquistate nei mercati locali e il cui rilascio nelle acque è vietato per legge dal 2019 – un fatto che i monaci (e non solo loro) spesso ignorano. Considerato che ogni anno il fangsheng immette nelle acque dell’altopiano migliaia di questi pesci, ci si aspetterebbe di trovarle infestate da specie invasive.. Come un fast food. Invece, inaspettatamente, si trovano pochissimi pesci esotici nei fiumi dell’altopiano del Tibet: l’unica specie che è riuscita a creare una popolazione stabile nell’aria è la carpa cruciana (Carassius carassius), originaria dell’Europa centrale. A occuparsi degli invasori, ha scoperto lo studio, sono le lontre che vivono nelle acque locali: hanno scoperto che dalle parti dei monasteri si trovano pesci con un sapore nuovo, e che soprattutto sono più facili da catturare. Gli animali liberati con il fangsheng, infatti, si ritrovano catapultati in acque gelide e povere di ossigeno (stiamo parlando d’altra parte di zone di montagna con un’altitudine media di 4.800m slm), e sono quindi lenti e letargici nei movimenti. Un’analisi delle feci delle lontre ha confermato il sospetto: nonostante i pesci esotici siano ancora poco presenti sull’altopiano del Tibet, rappresentano circa il 20% della dieta di questi mammiferi, a dimostrazione del fatto che vanno specificamente in cerca delle facili prede rilasciate nei loro fiumi dai monaci..
Le lontre dell’altopiano del Tibet hanno imparato a nutrirsi dei pesci esotici rilasciati nelle loro acque dai monaci buddhisti.