Chi ha detto che il fuoco sia sempre una cattiva idea per l’ambiente? Nel caso dei cosiddetti “fuochi controllati” o “fuochi prescritti”, le fiamme possono addirittura diventare un argine per contenere i devastanti danni provocati dagli incendi boschivi. Ora, però, il cambiamento climatico potrebbe ridurre il loro utilizzo, ponendo gravi rischi ecologici.. Fuochi “buoni”. Conosciuta ormai da decenni in tutto il mondo, la tecnica dei “prescribed fires” (fuochi prescritti) consiste nell’appiccare degli incendi in specifiche aree naturali. Lo scopo? Eliminare in anticipo la vegetazione secca in eccesso evitando così che foglie, erbe e arbusti possano trasformarsi in materiale altamente combustibile in grado di alimentare futuri incendi.
Oltre a ciò, i fuochi controllati servono anche a conservare l’habitat e a gestire le aree destinate alla pastorizia. Essendo potenzialmente pericolosi, i prescribed fires sono disciplinati da precise norme di sicurezza e possono essere accesi solo in presenza di specifiche condizioni climatiche tali da rendere “sicuro” il fuoco.. Difficile equilibrio. Nel dettaglio, se da un lato bisogna evitare l’eccessiva umidità (che renderebbe impossibile la combustione), dall’altro è necessario scongiurare che l’aria sia troppo secca o sia presente un vento forte (circostanze che invece potrebbero favorire uno sviluppo fuori controllo del fuoco). Proprio il raggiungimento di questo delicato equilibrio è messo seriamente in discussione dal cambiamento climatico. A lanciare l’allarme è stato uno studio condotto dall’Università della California e pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environment che ha analizzato la frequenza dei fuochi prescritti rispetto all’aumento delle temperature previsto nei prossimi anni, prendendo in esame questo Stato che si trova nella parte occidentale degli Stati Uniti.. Situazione critica. Stando alle proiezioni scientifiche più ottimiste, entro il 2060 dovremmo assistere a un aumento della temperatura pari a 2 gradi Celsius (3,6 gradi Fahrenheit). Se ciò si verificasse, i giorni in cui le condizioni climatiche sarebbero adatte ad appiccare i fuochi prescritti si ridurrebbero in media del 17%, soprattutto nella stagione primaverile e in quella estiva, ovvero nei periodi in cui vengono principalmente effettuati.
Al contrario, in inverno assisteremmo a una crescita netta del 4% dei giorni favorevoli agli incendi controllati. La ricerca mette peraltro in guardia sull’aumento generale del numero dei roghi in aree boschive, incoraggiando l’utilizzo di strumenti per limitarli. Non si tratta tuttavia di un fenomeno che interessa solo gli Stati Uniti: secondo l’ultimo report dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel 2023, anche in Italia è aumentata la superficie del Paese soggetta a incendi boschivi..
Gli incendi controllati sono preziosi per preservare gli ecosistemi, ma un nuovo studio avverte che, a causa del cambiamento climatico, il loro utilizzo sarà sempre più raro.
Chi ha detto che il fuoco sia sempre una cattiva idea per l’ambiente? Nel caso dei cosiddetti “fuochi controllati” o “fuochi prescritti”, le fiamme possono addirittura diventare un argine per contenere i devastanti danni provocati dagli incendi boschivi. Ora, però, il cambiamento climatico potrebbe ridurre il loro utilizzo, ponendo gravi rischi ecologici.. Fuochi “buoni”. Conosciuta ormai da decenni in tutto il mondo, la tecnica dei “prescribed fires” (fuochi prescritti) consiste nell’appiccare degli incendi in specifiche aree naturali. Lo scopo? Eliminare in anticipo la vegetazione secca in eccesso evitando così che foglie, erbe e arbusti possano trasformarsi in materiale altamente combustibile in grado di alimentare futuri incendi.
Oltre a ciò, i fuochi controllati servono anche a conservare l’habitat e a gestire le aree destinate alla pastorizia. Essendo potenzialmente pericolosi, i prescribed fires sono disciplinati da precise norme di sicurezza e possono essere accesi solo in presenza di specifiche condizioni climatiche tali da rendere “sicuro” il fuoco.. Difficile equilibrio. Nel dettaglio, se da un lato bisogna evitare l’eccessiva umidità (che renderebbe impossibile la combustione), dall’altro è necessario scongiurare che l’aria sia troppo secca o sia presente un vento forte (circostanze che invece potrebbero favorire uno sviluppo fuori controllo del fuoco). Proprio il raggiungimento di questo delicato equilibrio è messo seriamente in discussione dal cambiamento climatico. A lanciare l’allarme è stato uno studio condotto dall’Università della California e pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environment che ha analizzato la frequenza dei fuochi prescritti rispetto all’aumento delle temperature previsto nei prossimi anni, prendendo in esame questo Stato che si trova nella parte occidentale degli Stati Uniti.. Situazione critica. Stando alle proiezioni scientifiche più ottimiste, entro il 2060 dovremmo assistere a un aumento della temperatura pari a 2 gradi Celsius (3,6 gradi Fahrenheit). Se ciò si verificasse, i giorni in cui le condizioni climatiche sarebbero adatte ad appiccare i fuochi prescritti si ridurrebbero in media del 17%, soprattutto nella stagione primaverile e in quella estiva, ovvero nei periodi in cui vengono principalmente effettuati.
Al contrario, in inverno assisteremmo a una crescita netta del 4% dei giorni favorevoli agli incendi controllati. La ricerca mette peraltro in guardia sull’aumento generale del numero dei roghi in aree boschive, incoraggiando l’utilizzo di strumenti per limitarli. Non si tratta tuttavia di un fenomeno che interessa solo gli Stati Uniti: secondo l’ultimo report dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel 2023, anche in Italia è aumentata la superficie del Paese soggetta a incendi boschivi..