Esiste davvero la magica e potente reliquia cercata disperatamente da Indy nel quinto e ultimo capitolo della saga Indiana Jones e il quadrante del destino? Naturalmente no, ma qualcosa di simile c’è.
Il vero “quadrante del destino” del film con Harrison Ford è il meccanismo di Antikythera (o macchina di Anticitera), lo strumento per calcoli astronomici rinvenuto nel 1901: si trovava nel relitto di un mercantile romano di 2.000 anni fa al largo dell’isolotto di Anticitera, tra Creta e il Peloponneso.
Ingranaggi e incisioni. Quando fu ripescato in mezzo a statue di marmo e anfore incrostate, questo prezioso e misterioso reperto non destò l’interesse degli scienziati. Fu solo l’anno dopo che i ricercatori del Museo archeologico nazionale di Atene si accorsero di alcuni sofisticati ingranaggi in bronzo al suo interno, con ruote dentate di precisione spesse pochi millimetri. Un dettaglio che attestava la presenza di una tecnologia all’avanguardia.
In totale, i frammenti, gli ingranaggi e le incisioni rinvenuti furono 82, tali da comporre un puzzle diabolicamente complicato per gli studiosi di tutto il mondo che, in più di 100 anni, hanno cercato di scoprire la verità sulla misteriosa macchina di Anticitera. . Ma andiamo per ordine: è risaputo come gli antichi Greci fossero abili astronomi e osservatori del cielo, seppure a occhio nudo. Sapevano, per esempio, che su uno sfondo di stelle fisse ve n’erano alcune definite “erranti” che cambiavano la propria posizione rispetto a quelle fisse e in alcuni periodi si muovevano in direzione opposta al Sole (moto “retrogrado”). Parliamo di Marte, Mercurio, Venere, Giove e Saturno, i cui movimenti portarono l’astronomo greco Aristarco di Samo, nel 297 a.C., a intuire che non fosse il Sole a girare attorno alla Terra, ma viceversa. Ciò nonostante, la teoria geocentrica rimase la più gettonata per altri quindici secoli.Il planetario di Archimede. Analizzando il meccanismo di Antikythera, gli studiosi notarono presto che una delle sue funzioni primarie aveva a che fare con la tracciatura del moto solare, lunare e delle cinque stelle erranti. Il primo a ipotizzare che quel groviglio di pezzi incisi e ruote dentate fosse una macchina calcolatrice fu il filologo tedesco Albert Rehm, il quale capì, per esempio, che il numero 19 scolpito su un frammento era un riferimento al cosiddetto ciclo metonico (dal nome dell’astronomo greco Metone di Atene, vissuto nel V sec. a.C.), che descrive la corrispondenza approssimata tra 19 anni solari e 235 cicli lunari.
Nel 1974, il fisico britannico Derek J. de Solla Price pubblicò un articolo in cui si mettevano per la prima volta in relazione il planetario di Archimede e la macchina di Anticitera, suggerendo che la paternità del meccanismo fosse del genio di Siracusa.. il puzzle è completo, o quasi. Price fece di più: collaborando con il radiologo greco Charalambos Karakalos, ottenne le prime scansioni a raggi X dei frammenti, rinvenendo 30 distinti ingranaggi, di cui 27 nel pezzo più grande e uno ciascuno in altri tre.
Si poté così stimare il numero preciso di denti di molte delle ruote e capire come alcune di esse fossero connesse tra loro: una ruota a 38 denti (il doppio di 19, o sarebbe stata troppo piccola), per esempio, era legata tramite altri ingranaggi a una da 127 denti (la metà di 254, o sarebbe stata troppo grande), ossia il numero di volte che la Luna ripassa nella stessa posizione rispetto alle stelle in 19 anni. Si comprese quindi come il dispositivo potesse definire le posizioni di Sole, Luna e pianeti in un giorno specifico, nel passato o nel futuro.
Non tutte le ipotesi di Price risulteranno confermate dagli studi successivi, ma il professore britannico ebbe il merito di aver intuito la filosofia del meccanismo, determinandone correttamente le posizioni dei frammenti principali e l’architettura complessiva, con la motrice nella parte anteriore e con due grandi sistemi di quadranti sul retro.. Meccanismo geniale. Furono il britannico Michael Wright, curatore di ingegneria meccanica allo Science Museum di Londra, e l’australiano Alan G. Bromley, professore di informatica, a utilizzare nel 1990 la tomografia lineare (primordiale tecnica di scansione a raggi X in 3D) per definire nel dettaglio la stratigrafia degli ingranaggi.
Nel 2005 un team di accademici inglesi e greci approfondì questi studi utilizzando uno scanner di ultima concezione e incrociando i dati con la mappatura generata da un software di imaging digitale. Oltre al ritrovamento di alcune iscrizioni inedite, tra cui un elenco di cicli planetari sulla facciata anteriore, si scoprì che un grande ingranaggio con 223 denti, posto nella parte posteriore, serviva a prevedere le eclissi lunari: tanti sono, infatti, i mesi sinodici (cioè i cicli di fasi lunari) al termine dei quali Sole, Terra e Luna si trovano di nuovo nella stessa posizione reciproca, cioè ogni 18 anni e 11 giorni circa (tale periodo è noto come Saros).. Lo zampino di Archimede. Uno studio pubblicato su Nature, diretto dal matematico Tony Freeth della UCL, ha inoltre svelato il funzionamento dell’elegante meccanismo per descrivere l’orbita del nostro satellite. «La Luna ha un moto variabile, poiché la sua orbita è ellittica», spiega Freeth.
«Quando è più lontana dalla Terra si muove più lentamente sullo sfondo delle stelle, quando è più vicina accelera. I Greci non conoscevano le orbite ellittiche, ma spiegavano questo movimento combinando due moti circolari in quella che viene chiamata “teoria degli epicicli”. Ebbene, basandoci su un’osservazione di Wright, che aveva notato un perno e una fessura adiacente, apparentemente inutili, posti su due ruote separate da poco più di un millimetro, abbiamo capito che esse generavano un movimento variabile, un’ingegnosità straordinaria che rafforza l’idea che la macchina sia stata progettata da Archimede».. Cerchi e quadranti. Molti ricercatori, tra cui lo stesso Wright, hanno costruito manufatti per spiegare il funzionamento del meccanismo di Antikythera, ciascuno in base alle conoscenze acquisite fino a quel momento. Stando ai più recenti aggiustamenti, l’oggetto doveva apparire come una robusta scatola lignea con una manovella sul lato per calibrarla e due “cruscotti” in bronzo sulle facce contrapposte.
Sulla parte anteriore, oltre a numerose iscrizioni, spiccava il quadrante principale, azionato da una ruota motrice che si muoveva con un ciclo annuale. Dotata di quattro raggi e non piena come le altre, ospitava al centro la sfera del Sole e tutt’intorno quelle della Luna e dei pianeti, che si muovevano ciascuno lungo cerchi concentrici sulle rispettive orbite. Sul retro, invece, i quadranti erano essenzialmente due, con altri più piccoli al loro interno. Il primo era un calendario basato sui cicli metonico e callippico (quest’ultimo è un raffinamento del precedente), il secondo serviva a calcolare le eclissi solari e lunari con riferimento alla durata di un Saros. . QUEL CHE c’è ancora da capire. Non tutte le funzioni dei quadranti più piccoli sono state comprese, ma si sa che uno di essi serviva a scandire i cicli quadriennali delle Olimpiadi. Inoltre, a racchiudere il prezioso marchingegno, c’erano due coperchi sui quali era incisa una sorta di manuale d’istruzioni.
A provarlo definitivamente è stato nel 2016 Alexander Jones della New York University, dalle cui scansioni è emersa una descrizione parziale ma dettagliata di come Sole e pianeti fossero visualizzati sui cerchi. Si è così capito che i Greci conoscevano i periodi sinodici di Venere e Saturno, cioè il tempo che i due pianeti impiegano per tornare nella stessa posizione del cielo rispetto al Sole (per il primo accade 289 volte in 462 anni, per il secondo 427 volte in 442 anni). . Abili astronomi. Oltre cento anni dopo il ritrovamento, nel marzo 2021, l’Antikythera Research Team dello University College di Londra è riuscito finalmente a fornire una interpretazione migliore circa il funzionamento della parte anteriore della “macchina”.
Tali studi hanno evidenziato nuove e notevoli analogie con il cosiddetto “planetario” ideato da Archimede di Siracusa (287-212 a.C.), un reperto razziato dai Romani durante il sacco della città in cui perse la vita il genio siceliota. Lo straordinario strumento (che mostrava il moto dei pianeti, le eclissi ecc.), oggi perduto, è stato descritto da Cicerone nelle sue opere. Questo rafforzerebbe l’ipotesi che lo stesso Archimede possa essere stato il padre del meccanismo.. Una calibrazione discussa. Le più recenti novità sul meccanismo di Antikythera arriverebbero da tre studiosi greci della Cornell University, che nel 2022 hanno ipotizzato che la data del 22 dicembre del 178 a.C. sarebbe stata ideale per la calibrazione iniziale della macchina.
In quei giorni si verificavano contemporaneamente tre eventi riguardanti la Luna: era nuova, era all’apogeo (cioè nel punto di massima distanza dalla Terra) e si trovava in uno dei nodi. Una coincidenza rarissima. Un’ipotesi che però non convince Freeth, secondo cui la datazione originaria del meccanismo resta compresa tra l’inizio del III secolo e la metà del I secolo a.C., abbracciando quindi un arco temporale più ampio e lasciando aperta la possibilità che Archimede ne sia stato l’inventore..
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