Si racconta che un giorno Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway si misero a parlare tra loro dei ricchi. Il primo disse: “I ricchi sono diversi”, ed Hemingway ribatté: “Sì, hanno più soldi”. Aveva ragione? Davvero i ricchi sono tutto sommato uguali a qualsiasi altra persona e un portafogli molto ben fornito non influenza nulla?Positivi verso la vita. Negli ultimi decenni molti scienziati cognitivi si sono posti la stessa domanda giungendo però alla conclusione che il denaro conta, eccome. Perché la disponibilità economica influisce innanzitutto sulle emozioni legate alla percezione che ognuno ha di sé. Alcuni ricercatori dell’Università di Singapore hanno analizzato i dati che riguardano un milione e mezzo di persone in 162 diversi Paesi nel mondo e hanno ricavato che a un maggior livello di entrate corrisponde quasi sempre un atteggiamento più positivo verso la vita, più fiducia in sé stessi, più orgoglio e determinazione. E che queste emozioni tendono a durare nel tempo. «Però abbiamo anche rilevato che un alto livello di entrate non rende le persone più compassionevoli e grate», ha dichiarato Eddie Tong, uno degli autori della ricerca. «Il che potrebbe significare che una maggiore ricchezza generalizzata non contribuisce a costruire una società più tollerante e solidale». . Del resto comunemente si pensa che il denaro renda le persone avare ed egoiste. Lo psicologo americano Paul Piff ha ideato numerosi esperimenti per scoprire se ciò sia vero. Per esempio ha raccolto un campione di persone che guadagnavano tra i 25mila e i 200mila dollari l’anno e ha loro regalato 10 dollari dicendo che potevano tenerli o donarli in tutto o in parte. Il risultato fu che chi guadagnava di meno donava il 44% in più di chi aveva stipendi tra i 150 e i 200mila dollari.
Tutti avari ed egoisti? Ma si trattava di persone più avare ed era per questo che erano ricche o era vero l’opposto? Piff raccolse un altro gruppo di persone e le fece giocare a Monopoly e notò che chi aveva vinto molto (la partita era truccata) poi tendeva anche a essere trionfante e un po’ spaccone, e soprattutto a prendere più biscotti di quanti gli spettassero da un contenitore che era a disposizione di tutti i giocatori. Piff ritiene che sia vero quindi che le persone competitive con istinti più egoistici sono brave a fare soldi, ma anche che avere del denaro, anche temporaneamente, anche solo per gioco, spinge a sentirsi più centrati su sé stessi e a diventare più arroganti.. Comportamenti che, tra l’altro, siamo portati a giustificare. È stato dimostrato che possiamo chiudere un occhio davanti a una piccola azione riprovevole se si tratta di guadagnare qualcosa, soprattutto se la cifra in palio è abbastanza alta. In un esperimento condotto alla Hong Kong University of Science and Technology è stata mostrata a un gruppo di persone una serie di fotografie in cui un uomo si affanna a raccogliere del denaro caduto per terra, ma nel farlo urta e fa cadere un passante innocente. A volte la somma era bassa, altre volte considerevole. Risultato? Più la cifra da recuperare era alta, più le persone che guardavano le immagini giustificavano l’aver spintonato il passante.
Arrogante come un ricco. Del resto, un celebre esperimento condotto qualche anno fa all’Università del Minnesota (Usa) su alcuni gruppi di studenti ha dimostrato che bastava far giocare a Monopoly i ragazzi perché alla fine della partita quelli che avevano vinto di più fossero meno propensi ad aiutare uno degli sperimentatori presenti nella stanza che (appositamente) aveva fatto cadere per terra un contenitore pieno di matite. E si trattava di soldi del Monopoly, che ovviamente non valgono nulla. In generale, la conclusione è che più una persona è orientata al denaro e meno è probabile che vada in aiuto di qualcuno.. Ma si tratta di egoismo o piuttosto di autonomia? Altri esperimenti hanno dimostrato che quando si invitano le persone a completare puzzle molto complessi, chi aveva in precedenza pensato al denaro o ricevuto soldi virtuali, poi si intestardiva più a lungo nel risolverli o chiedeva aiuto molto meno degli altri. Ovviamente gli studi non dimostrano che tutte le persone ricche sono tronfie e meschine, ma solo che in media i ricchi lo sono un po’ più dei poveri. Di sicuro c’è anche il fatto che il denaro fa sentire le persone più indipendenti e, a partire da questo, c’è chi decide di essere generoso. Studi neuroscientifici hanno dimostrato infatti che alcuni individui provano piacere quando possono tenere del denaro per sé, altri quando lo possono donare. Molto insomma dipende dalla personalità del “ricco”.
Intelligenza media. no studio condotto alla Stockholm school of economics (Svezia) ha mostrato, per esempio, che le persone con un alto punteggio di intelligenza emotiva e capaci quindi di leggere molto bene le emozioni altrui sono meno orientate al denaro in generale e tendono a non considerarlo un segno di prestigio o di potere. Non è invece dimostrata (o meglio, è dimostrata solo fino a un certo punto), la correlazione tra ricchezza e intelligenza. Una ricerca dell’Università di Maastricht (Paesi Bassi) del 2023 ha verificato che a maggiori capacità cognitive mostrate a scuola durante l’infanzia corrisponde un maggiore livello di risparmio e di investimenti in età adulta, ma solo per valori di intelligenza medi. Nei casi estremi (cioè per quozienti intellettivi molto alti o bassi) non c’è correlazione.. L’esempio dei genitori. E ovviamente il rapporto con il denaro in generale dipende dall’educazione: se uno dei genitori sperperava i soldi, il messaggio ricevuto è “i soldi vanno e vengono, non sono importanti”, se invece risparmiava molto, l’opposto. Così, una persona cresciuta in povertà pensa ai rischi e ai guadagni in modo totalmente diverso dal figlio di un banchiere. Gli psicologi dell’economia hanno notato che anche le piccole differenze hanno importanza: chi cresce quando l’inflazione è alta, per esempio, ha una esperienza diversa di chi cresce quando i prezzi sono stabili. Conta anche il Paese in cui si nasce: un giovane italiano spesso ha un piccolo patrimonio alle spalle (almeno la casa di proprietà della famiglia), mentre uno statunitense deve costruire la sua stabilità economica da zero (e spesso dopo essersi indebitato con gli studi). Tutti questi fattori agiscono a livello psicologico e danno origine a comportamenti verso i soldi differenti per ciascuno di noi.. Ma i ricchi sono almeno più felici? Finora, i risultati delle ricerche erano contrastanti. Nel 2010 un celebre studio della Princeton University (Usa) aveva dimostrato che la felicità sale insieme alle entrate finanziarie di un individuo, ma solo fino a 75 mila euro circa. Poi, anche se i soldi aumentano, la soddisfazione resta stabile. Un’ampia ricerca del 2021 aveva però trovato una crescita costante nella felicità all’aumento del denaro a disposizione, senza evidenti segni di stabilizzazione. Chi aveva ragione?
Il conto della felicità. A dirimere la questione è intervenuta nei mesi scorsi la Pennsylvania University (Usa) con una ricerca che ha messo a fuoco meglio il problema. E ha concluso che a redditi più elevati sono associati livelli di felicità sempre maggiori. Ma anche che, all’interno di quella tendenza generale, esistono persone che hanno bassi livelli di benessere emotivo, per i quali la soddisfazione aumenta con il reddito solo fino a 100.000 dollari, poi si arresta. «Si tratta comunque di una minoranza, la verità è che per la maggior parte delle persone la felicità cresce con il denaro», afferma Mattew Killingsworth, autore principale della ricerca. E non c’è da stupirsi se, per gli psicologi, l’ingrediente fondamentale della felicità è la sensazione di esercitare il controllo sulla propria vita: fare quel che vogliamo, quando vogliamo, con chi vogliamo e per tutto il tempo che vogliamo. È questo che può dare il denaro.. “Adattamento edonico”. Perché questo effetto sulla felicità continui, però, la ricchezza deve crescere. A causa del cosiddetto “adattamento edonico”, ovvero la capacità di abituarci presto alle nuove situazioni, una fortuna finanziaria che non perdura nel tempo (per esempio una vincita, che avviene una volta e via) nel lungo termine non rende una persona molto più felice di quel che sarebbe stata in ogni caso. Alcune ricerche indicano infatti che possedere molti soldi spegne il piacere delle cose semplici: il solo fatto di poter avere qualcosa di più raffinato “svaluta” il resto. Così, il piacere di una ricchezza inaspettata per essere maggiore dovrebbe essere graduale. È stato dimostrato che le persone traggono più piacere da vincere prima 25 euro e poi 50 rispetto a vincerne 75 in una botta sola.. L’ansia di far soldi. E che dire di chi ha l’ansia di guadagnare sempre di più? Gli accumulatori di denaro sono felici? Uno studio condotto negli Stati Uniti (Università del Maryland) tra imprenditori e studenti di economia ha dimostrato che tutto dipende dalla motivazione: se il “materialismo” delle persone esaminate era diretto ad aumentare soprattutto la propria posizione sociale, allora inseguire i soldi li rendeva meno felici; ma se il denaro era desiderato per dare sicurezza a sé o alla famiglia ciò non dava problemi di benessere, anzi. Tutto ciò che si può dire, quindi, è che avere più soldi può rendere felici, ma la felicità non è mai garantita..
In cosa i ricchi sono diversi? Sono tutti avari e arroganti? Davvero i soldi non danno la felicità?
Si racconta che un giorno Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway si misero a parlare tra loro dei ricchi. Il primo disse: “I ricchi sono diversi”, ed Hemingway ribatté: “Sì, hanno più soldi”. Aveva ragione? Davvero i ricchi sono tutto sommato uguali a qualsiasi altra persona e un portafogli molto ben fornito non influenza nulla?Positivi verso la vita. Negli ultimi decenni molti scienziati cognitivi si sono posti la stessa domanda giungendo però alla conclusione che il denaro conta, eccome. Perché la disponibilità economica influisce innanzitutto sulle emozioni legate alla percezione che ognuno ha di sé. Alcuni ricercatori dell’Università di Singapore hanno analizzato i dati che riguardano un milione e mezzo di persone in 162 diversi Paesi nel mondo e hanno ricavato che a un maggior livello di entrate corrisponde quasi sempre un atteggiamento più positivo verso la vita, più fiducia in sé stessi, più orgoglio e determinazione. E che queste emozioni tendono a durare nel tempo. «Però abbiamo anche rilevato che un alto livello di entrate non rende le persone più compassionevoli e grate», ha dichiarato Eddie Tong, uno degli autori della ricerca. «Il che potrebbe significare che una maggiore ricchezza generalizzata non contribuisce a costruire una società più tollerante e solidale». . Del resto comunemente si pensa che il denaro renda le persone avare ed egoiste. Lo psicologo americano Paul Piff ha ideato numerosi esperimenti per scoprire se ciò sia vero. Per esempio ha raccolto un campione di persone che guadagnavano tra i 25mila e i 200mila dollari l’anno e ha loro regalato 10 dollari dicendo che potevano tenerli o donarli in tutto o in parte. Il risultato fu che chi guadagnava di meno donava il 44% in più di chi aveva stipendi tra i 150 e i 200mila dollari.
Tutti avari ed egoisti? Ma si trattava di persone più avare ed era per questo che erano ricche o era vero l’opposto? Piff raccolse un altro gruppo di persone e le fece giocare a Monopoly e notò che chi aveva vinto molto (la partita era truccata) poi tendeva anche a essere trionfante e un po’ spaccone, e soprattutto a prendere più biscotti di quanti gli spettassero da un contenitore che era a disposizione di tutti i giocatori. Piff ritiene che sia vero quindi che le persone competitive con istinti più egoistici sono brave a fare soldi, ma anche che avere del denaro, anche temporaneamente, anche solo per gioco, spinge a sentirsi più centrati su sé stessi e a diventare più arroganti.. Comportamenti che, tra l’altro, siamo portati a giustificare. È stato dimostrato che possiamo chiudere un occhio davanti a una piccola azione riprovevole se si tratta di guadagnare qualcosa, soprattutto se la cifra in palio è abbastanza alta. In un esperimento condotto alla Hong Kong University of Science and Technology è stata mostrata a un gruppo di persone una serie di fotografie in cui un uomo si affanna a raccogliere del denaro caduto per terra, ma nel farlo urta e fa cadere un passante innocente. A volte la somma era bassa, altre volte considerevole. Risultato? Più la cifra da recuperare era alta, più le persone che guardavano le immagini giustificavano l’aver spintonato il passante.
Arrogante come un ricco. Del resto, un celebre esperimento condotto qualche anno fa all’Università del Minnesota (Usa) su alcuni gruppi di studenti ha dimostrato che bastava far giocare a Monopoly i ragazzi perché alla fine della partita quelli che avevano vinto di più fossero meno propensi ad aiutare uno degli sperimentatori presenti nella stanza che (appositamente) aveva fatto cadere per terra un contenitore pieno di matite. E si trattava di soldi del Monopoly, che ovviamente non valgono nulla. In generale, la conclusione è che più una persona è orientata al denaro e meno è probabile che vada in aiuto di qualcuno.. Ma si tratta di egoismo o piuttosto di autonomia? Altri esperimenti hanno dimostrato che quando si invitano le persone a completare puzzle molto complessi, chi aveva in precedenza pensato al denaro o ricevuto soldi virtuali, poi si intestardiva più a lungo nel risolverli o chiedeva aiuto molto meno degli altri. Ovviamente gli studi non dimostrano che tutte le persone ricche sono tronfie e meschine, ma solo che in media i ricchi lo sono un po’ più dei poveri. Di sicuro c’è anche il fatto che il denaro fa sentire le persone più indipendenti e, a partire da questo, c’è chi decide di essere generoso. Studi neuroscientifici hanno dimostrato infatti che alcuni individui provano piacere quando possono tenere del denaro per sé, altri quando lo possono donare. Molto insomma dipende dalla personalità del “ricco”.
Intelligenza media. no studio condotto alla Stockholm school of economics (Svezia) ha mostrato, per esempio, che le persone con un alto punteggio di intelligenza emotiva e capaci quindi di leggere molto bene le emozioni altrui sono meno orientate al denaro in generale e tendono a non considerarlo un segno di prestigio o di potere. Non è invece dimostrata (o meglio, è dimostrata solo fino a un certo punto), la correlazione tra ricchezza e intelligenza. Una ricerca dell’Università di Maastricht (Paesi Bassi) del 2023 ha verificato che a maggiori capacità cognitive mostrate a scuola durante l’infanzia corrisponde un maggiore livello di risparmio e di investimenti in età adulta, ma solo per valori di intelligenza medi. Nei casi estremi (cioè per quozienti intellettivi molto alti o bassi) non c’è correlazione.. L’esempio dei genitori. E ovviamente il rapporto con il denaro in generale dipende dall’educazione: se uno dei genitori sperperava i soldi, il messaggio ricevuto è “i soldi vanno e vengono, non sono importanti”, se invece risparmiava molto, l’opposto. Così, una persona cresciuta in povertà pensa ai rischi e ai guadagni in modo totalmente diverso dal figlio di un banchiere. Gli psicologi dell’economia hanno notato che anche le piccole differenze hanno importanza: chi cresce quando l’inflazione è alta, per esempio, ha una esperienza diversa di chi cresce quando i prezzi sono stabili. Conta anche il Paese in cui si nasce: un giovane italiano spesso ha un piccolo patrimonio alle spalle (almeno la casa di proprietà della famiglia), mentre uno statunitense deve costruire la sua stabilità economica da zero (e spesso dopo essersi indebitato con gli studi). Tutti questi fattori agiscono a livello psicologico e danno origine a comportamenti verso i soldi differenti per ciascuno di noi.. Ma i ricchi sono almeno più felici? Finora, i risultati delle ricerche erano contrastanti. Nel 2010 un celebre studio della Princeton University (Usa) aveva dimostrato che la felicità sale insieme alle entrate finanziarie di un individuo, ma solo fino a 75 mila euro circa. Poi, anche se i soldi aumentano, la soddisfazione resta stabile. Un’ampia ricerca del 2021 aveva però trovato una crescita costante nella felicità all’aumento del denaro a disposizione, senza evidenti segni di stabilizzazione. Chi aveva ragione?
Il conto della felicità. A dirimere la questione è intervenuta nei mesi scorsi la Pennsylvania University (Usa) con una ricerca che ha messo a fuoco meglio il problema. E ha concluso che a redditi più elevati sono associati livelli di felicità sempre maggiori. Ma anche che, all’interno di quella tendenza generale, esistono persone che hanno bassi livelli di benessere emotivo, per i quali la soddisfazione aumenta con il reddito solo fino a 100.000 dollari, poi si arresta. «Si tratta comunque di una minoranza, la verità è che per la maggior parte delle persone la felicità cresce con il denaro», afferma Mattew Killingsworth, autore principale della ricerca. E non c’è da stupirsi se, per gli psicologi, l’ingrediente fondamentale della felicità è la sensazione di esercitare il controllo sulla propria vita: fare quel che vogliamo, quando vogliamo, con chi vogliamo e per tutto il tempo che vogliamo. È questo che può dare il denaro.. “Adattamento edonico”. Perché questo effetto sulla felicità continui, però, la ricchezza deve crescere. A causa del cosiddetto “adattamento edonico”, ovvero la capacità di abituarci presto alle nuove situazioni, una fortuna finanziaria che non perdura nel tempo (per esempio una vincita, che avviene una volta e via) nel lungo termine non rende una persona molto più felice di quel che sarebbe stata in ogni caso. Alcune ricerche indicano infatti che possedere molti soldi spegne il piacere delle cose semplici: il solo fatto di poter avere qualcosa di più raffinato “svaluta” il resto. Così, il piacere di una ricchezza inaspettata per essere maggiore dovrebbe essere graduale. È stato dimostrato che le persone traggono più piacere da vincere prima 25 euro e poi 50 rispetto a vincerne 75 in una botta sola.. L’ansia di far soldi. E che dire di chi ha l’ansia di guadagnare sempre di più? Gli accumulatori di denaro sono felici? Uno studio condotto negli Stati Uniti (Università del Maryland) tra imprenditori e studenti di economia ha dimostrato che tutto dipende dalla motivazione: se il “materialismo” delle persone esaminate era diretto ad aumentare soprattutto la propria posizione sociale, allora inseguire i soldi li rendeva meno felici; ma se il denaro era desiderato per dare sicurezza a sé o alla famiglia ciò non dava problemi di benessere, anzi. Tutto ciò che si può dire, quindi, è che avere più soldi può rendere felici, ma la felicità non è mai garantita..